Tratto da Asset Management febbraio 2021
Rassegna essenziale di quel che succede nel mondo degli investimenti environmental, social & governance.
Il futuro delle energie rinnovabili è nel vento? Di sicuro, secondo gli analisti di Morningstar, l’eolico e in particolare i cosiddetti parchi a elica offshore, costruiti cioè sopra specchi d’acqua, sembrano destinati a giocare un ruolo fondamentale per portare il riscaldamento globale sotto gli 1,5 gradi del periodo pre-industriale (uno degli obiettivi, secondo molti il più ambizioso, degli accordi di Parigi sul clima). «Le risorse eoliche onshore hanno capacità limitate perché questi parchi sono concentrati in pochi paesi», spiega Tancrede Fulop, equity analyst di Morningstar. «Nel corso di questo decennio, la crescita dell’eolico offshore si vedrà in aree come la costa orientale degli Stati Uniti, l’Asia orientale e in paesi già leader come il Regno Unito e la Cina, dove il sostegno politico per questa causa è forte».
A dare una spinta ai conti delle società che lavorano in questo segmento saranno soprattutto i minori investimenti che, grazie agli sviluppi tecnologici, saranno necessari. Secondo le analisi Morningstar nell’ultimo decennio, i costi per gli investimenti nell’eolico offshore sono diminuiti di circa il 20%. «Ci aspettiamo che le cose procedano in maniera ancora più spedita con il progressivo miglioramento della tecnologia per costruire turbine più grandi e con le maggiori economie di scala», dice l’analista. Detto questo, è meglio non dare per scontato che siano i gruppi già proprietari di parchi eolici offshore ad approfittarne. «I sussidi statali a queste aziende, per esempio, diminuiranno con il calare dei costi di investimento», spiega Fulop. «Va poi considerato che è un settore in cui le barriere all’ingresso di concorrenti sono molto basse e si stanno già affacciando alcune società petrolifere. Questo, in particolare, tende a diminuire il vantaggio competitivo di chi lavora nell’eolico offshore». Un’analisi di Nn Investment Partners mostra che 206 delle 729 società che emettono obbligazioni investment grade per un valore pari o superiore a 300 milioni di euro nella zona euro non presentano i requisiti per l’indice Bloomberg Barclays Msci Euro Aggregate Sustainable Sri Sector Neutral Index.
Queste società rappresentano il 28% del numero di società dell’equivalente non sostenibile, l’indice Bloomberg Barclays Euro Aggregate Corporate Index, e un quarto (25%) delle sue obbligazioni in emissione. Nn Ip osserva che le società che non rientrano nell’indice operano in diversi settori, incluse le società coinvolte in pratiche controverse, come la produzione di tabacco e di armi, nonché aziende che operano in settori che vanno da quello finanziario a quello chimico. Secondo i criteri di sostenibilità proprietari di Nn Ip, anche il 10% delle aziende per valore di mercato nell’indice Bloomberg Barclays Msci Euro Aggregate Sustainable Sri Sector Neutral Index non soddisfa gli standard di sostenibilità accettabili in quanto non dimostra un impegno sufficiente a raggiungere gli obiettivi legati al clima o a non nuocere. Queste società sono Leopoldo Fiore 2021 Gennaio / Febbraio 45 concentrate nei settori finanziario, chimico ed energetico. «La nostra analisi», commenta Annemieke Coldeweijer, co-lead portfolio manager, sustainable credit, Nn Investment Partners, «illustra quanto sia importante per i gestori di fondi applicare i propri criteri di selezione piuttosto che affidarsi a un’etichetta o a un indice di sostenibilità. Questo per garantire che il patrimonio dei nostri clienti sia allocato in modo veramente sostenibile».
Quest’anno l’Unione europea quest’anno intraprenderà uno dei suoi passi più significativi nel chiarire cosa significa «sostenibilità» nella pratica. La legislazione Ue in materia di tassonomia stabilirà quali attività economiche si potranno qualificare come «sostenibili» o «verdi». Questo, come generalmente riconosciuto, rappresenterà uno stimolo per il mercato delle obbligazioni verdi. Tuttavia, la maggiore chiarezza che ne deriva potrebbe anche portare alla luce quelle aziende che emettono obbligazioni nell’Eurozona ma che non rispettano gli standard di sostenibilità sempre più diffusi, aprendole alla potenziale minaccia di disinvestimento. «La tassonomia dell’Unione europea», dice Coldeweijer, «accenderà i riflettori sulle aziende, che dovranno riportare i dettagli delle loro attività e delle loro ambizioni per quanto riguarda i temi ambientali, sociali e di governance. La trasparenza sarà un elemento chiave.
Eventuali deficit in tal senso potrebbero impedire agli investitori di investire in queste società». le aziende di tutto il mondo stanno rafforzando o rivedendo le loro politiche ambientali, sociali e di governance. È quanto emerge dalla Esg Board Survey condotta da Willis Towers Watson nel secondo semestre del 2020. Quattro intervistati su cinque (78%) si stanno preparando a rivedere la modalità attraverso cui le politiche in materia di Esg saranno collegate ai piani di remunerazione dei propri manager. Più di quattro su dieci (41%) prevedono di introdurre misure Esg nei loro piani di incentivazione di lungo termine nei prossimi tre anni, mentre il 37% prevede di introdurre misure Esg negli schemi di incentivazione annuale. Inoltre, circa un terzo, prevede di aumentare la rilevanza di tali misure nei sistemi di remunerazione di tutti i dipendenti.
L’indagine ha identificato le sfide e le complessità che le aziende si trovano ad affrontare nell’introduzione di metriche Esg nei piani di remunerazione. Tra le maggiori difficoltà vi sono la definizione di appropriati livelli di performance attesa (52%), l’identificazione degli indicatori di dettaglio (48%) e la loro definizione (47%). Le aziende stanno inoltre adottando varie misure per rendere i propri programmi Hr più efficaci e integrati alle politiche Esg. Quasi la metà (46%) ha dichiarato di aver implementato strategie di ascolto per coinvolgere i propri dipendenti su tali tematiche, mentre tre aziende su dieci hanno creato un nuovo ruolo direttivo per sviluppare e gestire la strategia Esg e hanno identificato nuove posizioni organizzative per supportare attivamente l’implementazione i programmi e le politiche Esg. Quasi la metà degli intervistati sta pianificando di effettuare interventi di ampio respiro per garantire che le tematiche Esg siano integrate nella cultura aziendale a tutti i livelli organizzativi. Circa un intervistato su cinque si aspetta che nei prossimi tre anni i consigli di amministrazione e/o i comitati remunerazione avranno un ruolo chiave nel supervisionare le politiche atte a garantire il benessere di tutti i dipendenti e a preservare una generale equità retributiva in azienda.