T. Rowe Price: L’anno scorso è stato notevole sotto molti punti di vista. La pandemia di coronavirus ha fatto implodere l’attività economica, ma in seguito gli stimoli monetari e fiscali hanno messo le basi per un recupero senza precedenti.
Dal punto di vista economico, c’è un aspetto che spicca particolarmente: guardando i bilanci del settore pubblico, sembra che l’anno scorso vi sia stata una profonda recessione, ma se si osservano invece i bilanci del settore privato, il 2020 sembra più un anno di boom che di contrazione. Una risposta fiscale (troppo?) abbondante Se la pronta risposta monetaria delle banche centrali ha evitato una crisi finanziaria, anche la risposta fiscale è stata efficace, con i governi in tutto il mondo che hanno lanciato programmi per compensare la perdita di redditi e ricavi che ha colpito il settore privato. Tradizionalmente, il ruolo delle politiche fiscali è quello di rendere uniforme la domanda aggregata nel tempo – quando la domanda privata diminuisce, subentra la domanda pubblica per mantenere l’economia in crescita.
Tuttavia, di solito la risposta fiscale è inadeguata, nel senso che compensa solo parzialmente il calo della domanda privata. Il 2020 ha infranto questa tradizione: le misure fiscali hanno più che controbilanciato le perdite del settore privato dovute alle chiusure per il Covid-19. Di conseguenza, il reddito disponibile delle famiglie l’anno scorso a livello globale è aumentato più rapidamente di quanto non avvenga nella maggior parte dei boom economici e ciò ha lasciato i bilanci delle famiglie in ottime condizioni. Sebbene il supporto per le aziende sia stato un po’ meno travolgente, ha comunque permesso di resistere alla recessione senza il consueto deterioramento degli utili. Il consumo di beni durevoli è aumentato in modo significativo e la pandemia ha avuto un impatto molto limitato sul capex, tranne che in alcuni settori particolarmente vulnerabili.
Nel complesso, quindi, la risposta fiscale sembra aver creato una recessione molto ‘piacevole’, a cui però probabilmente farà seguito una ripresa spiacevole in misura uguale e inversa. 2021-2022: un boom seguito da una ripresa deludente La diffusione dei vaccini dovrebbe permettere alle economie più sviluppate di riaprire entro la fine dell’estate. Ciò inizialmente farà scatenare i consumatori: gli esseri umani sono creature sociali e, dopo essere stati rinchiusi per più di un anno, saremo pronti a spendere con abbondanza nelle interazioni sociali. Grazie anche alla spinta dei pacchetti fiscali più consistenti che si siano mai visti in tempo di pace, le economie entreranno in modalità ‘boom’, via via che le famiglie spenderanno i propri risparmi nel consumo di servizi. Probabilmente questa fase di espansione durerà per la seconda metà del 2021 e fino al 2022. Tuttavia, quando finiranno gli stimoli fiscali, la spesa privata verrà ridotta.
Non solo il reddito disponibile delle famiglie diminuirà, ma finirà anche l’esplosione nel consumo di beni durevoli, perché la domanda sarà stata ormai saziata. Il punto chiave è che, nelle recessioni normali, la domanda repressa di capex e beni durevoli si accumula nella fase di contrazione, per poi essere liberata e creare un ‘boom’, che consente al governo di intraprendere un consolidamento fiscale. Data la quantità di sostegno ai redditi che i governi hanno implementato in questa fase, crediamo che vi sia meno domanda repressa di capex e beni durevoli. In effetti, il boom è già in corso, quindi il consolidamento fiscale che avverrà nel 2022 e oltre avrà un impatto molto duro, dato che non avverrà nel mezzo di un’esplosione di domanda repressa del settore privato. La possibile spinta del mercato immobiliare residenziale Si tornerà quindi alla stagnazione secolare? A nostro avviso, non sarà così.
Il prossimo decennio dovrebbe essere decisamente diverso da quello che ha fatto seguito alla crisi finanziaria globale. Al centro di quella crisi, vi era stata un boom del credito di proporzioni epiche. Il credito solitamente finisce per concentrarsi nel mercato immobiliare residenziale, e in effetti all’inizio del 2008 probabilmente erano già stati costruiti gran parte delle abitazioni necessarie per il decennio successivo. Il successivo inasprimento delle condizioni per i prestiti, sommandosi all’accumulo di immobili residenziali e a un settore privato sopravvissuto a stento alla crisi, ha spinto le famiglie a un decennio di riduzione del proprio indebitamento. La buona notizia è che, subito prima della pandemia, l’accumulo immobiliare era stato sostanzialmente riassorbito e le famiglie erano pronte a ricominciare ad espandere i propri bilanci.
Grazie al supporto degli stimoli fiscali e a politiche monetarie estremamente accomodanti, vi è margine perché ricominci ad aumentare l’indebitamento nel mercato immobiliare residenziale e quindi nei bilanci delle famiglie, e che questi ridiventino un motore di crescita. In questo modo, intanto che l’esplosione a breve termine nel consumo di beni durevoli viene ‘digerita’ e che si attraversa l’inevitabile fase di consolidamento fiscale per riportare i deficit di bilancio su livelli sostenibili, crediamo vi sia spazio per un’espansione dei bilanci sia delle famiglie che aziendali. Ciò è in netto contrasto con il decennio successivo alla crisi finanziaria globale, nel quale il vento contrario del consolidamento fiscale è stato amplificato dalla riduzione dell’indebitamento da parte delle famiglie.
A cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist,