La guerra commerciale non farà deragliare il ciclo economico

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Nel primo trimestre del 2018, la crescita nella zona euro è stata moderata dopo un boom nel quarto trimestre del 2017; le tensioni politiche e commerciali hanno aggravato le incertezze sulle prospettive.

Nel vecchio continente, il settore del manifatturiero e quello dell’export sono i più esposti alle sanzioni commerciali; l’indebolimento del sentiment imprenditoriale ha evidenziato una moderata attività economica nel secondo trimestre dell’anno. Il settore dei servizi sembra più resiliente e il mercato del lavoro in costante miglioramento potrebbe ancorare la domanda interna e stabilizzare la crescita.

L’aumento delle tariffe commerciali statunitensi su una prima serie di prodotti cinesi (50 miliardi di dollari) potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita del PIL della Cina di soli 0,1 punti percentuali. Se i dazi saranno aumentati su tutte le esportazioni cinesi negli Stati Uniti (450 miliardi di dollari), l’impatto sulla crescita potrebbe raggiungere 1 punto percentuale. La politica monetaria della potenza asiatica ha assunto una posizione più espansiva in tema di liquidità in reazione alle tensioni commerciali ed è destinata a rafforzare la domanda interna, che nel primo semestre del 2018 è stata moderata.

L’amministrazione statunitense intende negoziare accordi commerciali bilaterali, sulla base dell’idea che le tariffe statunitensi siano notevolmente inferiori a quelle applicate dai partner commerciali. Il governo USA ha individuato diversi settori caratterizzati da tariffe non equilibrate; ciò ha inoltre assunto una dimensione politica in vista delle elezioni americane di metà mandato, esercitando crescenti pressioni sull’UE, sulla Cina e sui membri del NAFTA.

Mentre la politica fiscale degli Stati Uniti è positiva per le imprese, i cambiamenti nella politica commerciale e le minacce alla globalizzazione potrebbero far aumentare i costi delle importazioni e rinviare le decisioni in materia di investimenti e assunzioni a breve termine, prima di beneficiare di un processo di “on-shoring” nell’industria.

Gli Stati Uniti hanno minacciato di aumentare le tariffe sulle automobili importate, in particolare dalla Germania. Poiché il settore automobilistico ha beneficiato di un decennio di globalizzazione, queste tariffe potrebbero avere un impatto su tutti i principali paesi, compresi gli Stati Uniti. L’Europa ha già avviato negoziati diretti con gli Stati Uniti sul settore automobilistico.

Tutte le principali regioni risentirebbero di un eventuale aumento dei dazi sull’industria automobilistica; ciò rappresenterebbe un grave shock per l’economia mondiale e la crescita mondiale (almeno -0,5 punti percentuali), con un impatto parallelo e di fatto significativo sui prezzi (con un potenziale aumento di 1 punto percentuale dell’inflazione negli Stati Uniti).

Una guerra commerciale vera e propria non è il nostro scenario di base; le crescenti pressioni dovrebbero portare a negoziati bilaterali con gli Stati Uniti nei vari settori; ciò avrà un impatto sul commercio globale ma non farà deragliare il ciclo economico.

A cura di Norman Villamin, Chief Investment Officer (CIO) Private Banking and Head of Asset Allocation di Union Bancaire Privée – UBP

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