A San Valentino Cupido colpisce gli Usa, gli indici dell’azionario toccano nuovi massimi e i mercati si muovono verso una maggiore propensione al rischio
L’affievolimento dei timori sulla diffusione del coronavirus ha visto i mercati muoversi verso una maggiore propensione al rischio questa settimana, con gli indici dell’azionario Usa che hanno toccato nuovi massimi.
L’aumento dei casi in Cina è stato visto in parte come una correzione di dati sottostimati delle scorse settimane. Secondo fonti ufficiali l’attività delle fabbriche dovrebbe riprendere il 21 febbraio, incoraggiando a pensare che la fase peggiore della crisi potrebbe avvicinarsi presto alla fine.
Alla luce di ciò, i rendimenti obbligazionari globali sono aumentati e gli spread creditizi diminuiti, nonostante i timori che la chiusura delle industrie cinesi potrebbe portare sostanziali revisioni al ribasso nei dati dei primi mesi dell’anno. Guardando alla produzione, non ci sorprenderebbe vedere i PMI muoversi da sopra 50 a 46 punti o meno il prossimo mese, e ciò potrebbe anticipare a una contrazione temporanea del Pil nel primo trimestre, prima di un rimbalzo in primavera/estate.
Anche diverse economie asiatiche potrebbero risentire in modo sostanziale del rallentamento dell’economia cinese nel primo trimestre, a causa dei legami a livello di supply chain. Anche l’impatto della “paura”, che ha portato a un amento del lavoro da casa e un temporaneo calo dei consumi, potrebbe rappresentare una minaccia.
L’effetto coronavirus contrasta con un’economia in salute
Anche le prospettive per la crescita europea probabilmente risentiranno degli sviluppi cinesi. In Germania, le sottoperformance dell’industria automobilistica continua e ci aspettiamo un impatto negativo anche sulla crescita di Francia e Italia, a causa di ricadute sul turismo cinese e sul consumo di beni di lusso. Allo stesso tempo, la domanda domestica in Europa mostra un quadro più positivo, con occupazione e redditi in rialzo. In generale, riteniamo che la crescita del Pil dell’Eurozona rimarrà attorno all’1% quest’anno, con un primo trimestre stabile.
Le previsioni per gli Usa restano invece molto più ottimistiche, con una crescita nel primo trimestre ancora avviata a superare il 2%.
Continuiamo a non prevedere cambiamenti nella politica monetaria di BCE e Fed nel 2020 e a favorire il fixed-income dell’Eurozona rispetto ai Treasury Usa, dato che i primi vengono scambiati a prezzi maggiori rispetto ai principali tassi di interesse, mentre i Treasury vengono scambiati a sconto.
Buone notizie su tutti i fronti nel Regno Unito
Nel Regno Unito, le prospettive di crescita continuano ad essere supportate dall’effetto Boris Johnson. Gli indici sono aumentati lo scorso mese, così come sono scesi nell’Eurozona, e date le nostre aspettative per un ulteriore allentamento fiscale in UK, prevediamo che il Regno Unito sorpasserà il continente nella prima metà dell’anno.
Le dimissioni del Cancelliere Javid supportano ulteriormente la nostra view e riteniamo che Johnson si stia impegnando in un’agenda di espansione fiscale, orientata alla crescita (una manovra che sembra aver funzionato bene per Trump finora). Di conseguenza, la Bank of England dovrebbe mantenere i tassi invariati, con i Gilt che continueranno a scontare dei tagli dei tassi nei prossimi mesi, portando a un rialzo dei rendimenti.
Outlook per il resto dei mercati
Abbiamo visto alcune divergenze nei mercati emergenti e ciò continua a offrire interessanti opportunità. A livello di credito, abbiamo una view positiva sui Titoli di Stato di Messico, Romania e Tunisia (sulla base della nostra analisi proprietaria su crescita e tendenze politiche) e negativa su Turchia e Sudafrica. A livello di forex, vediamo opportunità di carry in Russia, Messico, India, Islanda e Norvegia. Continuiamo a favorire moderatamente anche il credito corporate, dove vediamo valore nel debito bancario subordinato e negli ibridi corporate dell’Eurozona.
Guardando avanti…
Ci troviamo quindi a domandarci: cosa farà deragliare la performance positiva dell’azionario in un momento in cui le politiche negli USA restano accomodanti?
Dato che finora Trump sembra essere il principale vincitore delle primarie democratiche, potremmo assistere a una campagna elettorale caratterizzata da ‘sparate’ e promesse a livelli sempre più alti di spesa pubblica in infrastrutture.
Negli ultimi mesi abbiamo ribadito più volte che l’economia Usa si trova più in una fase di metà ciclo che di fine ciclo e ciò cambierà solo se si manifesterà una reale avidità nell’economia, con un surriscaldamento che renderebbe necessaria una stretta delle politiche monetarie.
Tuttavia, questo scenario sembra ancora distante. Dato che la Fed sta facendo intendere che non alzerà i tassi finché l’inflazione non supererà il 3% per un certo tempo, vi sono le condizioni affinché gli asset, già sopravvalutati rispetto alle misure tradizionali, diventino ancora più sopravvalutati.
Da quando Trump è entrato in carica nel 2016, l’economia statunitense ha visto una crescita superiore al 2,5%, con un tasso di disoccupazione ai minimi storici, inflazione stabile e un mercato azionario che ha guadagnato quasi il 60%. Sembra che il Presidente sia decisamente in grado di proclamare che ‘il meglio deve ancora venire’. In uno scontro diretto con Sanders, pare improbabile che Trump non verrà rieletto per un secondo mandato, data la situazione.
Dopotutto, cosa si potrebbe non amare negli USA in questo giorno di San Valentino?
Commento a cura di Mark Dowding, CIO di BlueBay