La storia di un saccheggio miliardario e di chi è accusato di essersi voltato dall’atra parte per 600 milioni di dollari di commissioni
Articolo tratto dal numero di gennaio/febbraio 2020 di Asset Management.
Quello del fondo d’investimenti 1Malaysia Development Bhd (1Mdb), co-fondato dall’ex premier malese Najib Razak con l’aiuto del finanziere Low Taek Jho, meglio noto come Jho Low, è – per distanza – il più grande scandalo finanziario degli ultimi anni. E, probabilmente, come ha scritto il Wall Street Journal, «di sempre». Una frode gigantesca, che ha iniziato a disvelarsi nel 2015 e la cui conclusione è ancora di là da venire. Una frode che ha coinvolto anche la banca americana Goldman Sachs, accusata dalla Malesia di aver fuorviato gli investitori su tre vendite di obbligazioni per un totale di 6,5 miliardi di dollari, incassando quasi 600 milioni di dollari di commissioni. Una frode, che ha avuto ricadute fino a Hollywood, ha provocato la caduta del primo ministro malese e ha portato all’incriminazione di 17 tra attuali ed ex bankers di Goldman Sachs. Una frode che riassumiamo qui, nei suoi eventi e protagonisti principali: per ricordare – e ricordarci – di non abbassare mai la guardia.
CHE COS’È 1MDB
Il fondo malese è stato creato nel 2009, appena quattro mesi dopo la nomina di Najib (che ne ha presieduto l’advisory board fino al 2016) alla carica di premier. Era stato istituito originariamente perché finanziasse infrastrutture e altri progetti di sviluppo nel paese. Con il passare del tempo i gestori del fondo avrebbero iniziato a darsi alle spese folli, acquistando immobili e beni di lusso, gioielli e fiumi di champagne, perfino un quadro di Jean-Michel Basquiat. Avrebbero anche staccato ingenti assegni per finanziare il film Scemo e più scemo 2 e The Wolf of Wall Street con Leonadro DiCaprio, entrambi prodotti da Red Granite, società co-fondata da Riza Aziz, figliastro di Najib e amico di Low. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DoJ) 4,5 miliardi di dollari sarebbero stati deviati su società di comodo e conti bancari offshore, molti dei quali collegati a Low. Ma per le autorità malesi all’appello mancherebbero altri 4,3 miliardi che devono essere ancora contabilizzati.
LE FIGURE CENTRALI NELLO SCANDALO
Nella lista degli indagati, oltre naturalmente a Low (che ha negato qualsiasi illecito e si è rifugiato in un paese al momento sconosciuto che gli ha concesso l’asilo – c’è chi dice la Cina) e all’ex primo ministro malese, sono finiti anche gli ex bankers di Goldman Sachs, Tim Leissner e Roger Ng. Secondo la Federal Reserve avrebbero «coordinato le offerte di obbligazioni» e avrebbero avuto «un ruolo rilevante nel furto di soldi dal fondo malese». Parte del denaro sarebbe stato usato per corrompere funzionari governativi in Malesia e Abu Dhabi, e i manager avrebbero anche usato i proventi per «fare la bella vita all’insegna del lusso e dello sperpero». Leissner si è dichiarato colpevole (negli Usa) di aver violato il Foreign Corrupt Practices Act, di aver corrotto funzionari in Malesia e negli Emirati Arabi Uniti per ottenere accordi sui bond e di aver rubato oltre 200 milioni di dollari dal fondo malese. E pare abbia accettato il divieto a vita di operare a Wall Street. Ng, che è cittadino malese, si è dichiarato non colpevole in un tribunale di New York e deve affrontare analoghe accuse in Malesia. Nel frattempo Najib ha perso le elezioni nel maggio 2018 e ora deve affrontare 42 capi d’imputazione tra i quali riciclaggio di denaro e abuso di potere. Dal giorno del suo arresto, il 3 luglio 2018, (attualmente è libero su cauzione, dopo aver pagato 1,4 milioni di dollari) ha sempre dichiarato di essere innocente, affermando di essere stato ingannato da Low e che i fondi trovati nel suo conto fossero donazioni dalla famiglia reale saudita.
LE SCUSE NON BASTANO
Il ceo di Goldman Sachs, David Solomon, si è scusato con il governo malese per il ruolo svolto dal suo ex dipendente Leissner nello scandalo. E pare che abbia offerto un risarcimento di poco meno di 2 miliardi di dollari allo stato asiatico. Ma il ministro delle finanze malese, Lim Guan Eng, non ha accettato le scuse e nemmeno l’offerta di risarcimento, chiedendo non due ma più di 7,5 miliardi di dollari. Pare invece, coma ha anticipato l’agenzia Bloomberg, che Goldman Sachs, sia in trattative con il governo Usa per pagare una multa da 2 miliardi di dollari, accettare una supervisione sulle sue procedure di conformità, ed evitare così un’indagine penale. Intanto lo scorso novembre, il DoJ ha siglato un accordo per recuperare 1 miliardo di dollari dalla vendita di beni sequestrati collegati a Low, un record per un’indagine anticorruzione negli Stati Uniti. Mentre La Finma, l’autorità di vigilanza su mercato finanziario svizzero, ha confiscato oltre 100 milioni di dollari di profitti illeciti legati allo scandalo 1Mdb alle banche Bsi, Falcon e Coutts & Co. Resta da chiedersi come, dopo la crisi-scandalo dei subprime del 2008, tutto questo sia ancora possibile. E se la reputazione per una banca d’affari sia un asset che, a quanto pare, vale zero.