Il piano UE segna un importante traguardo per l’integrazione europea

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UE

I leader dell’Unione Europea hanno finalmente raggiunto un accordo su un piano di salvataggio anti-COVID-19 da 750 miliardi di euro

Dopo diversi giorni di intensi dibattiti e discussioni, i leader dell’Unione Europea (UE) hanno finalmente raggiunto un accordo su un piano di salvataggio anti-COVID-19 da 750 miliardi di euro (858 miliardi di dollari). Il piano prevede prestiti a basso tasso di interesse e 390 miliardi di euro (446 miliardi di dollari) sotto forma di sovvenzioni da destinare agli Stati membri più colpiti.

I beneficiari dovranno predisporre piani nazionali di recupero e rilancio per il 2021-2023, che contemplino stimoli per la crescita e l’occupazione (comprese eventuali iniziative “verdi”) e contribuiscano a rafforzare la “tenuta economica e sociale” dei paesi dell’UE.

La trasformazione dell’UE in un formidabile mutuatario sui mercati finanziari globali costituisce un evento di grande rilevanza. Nel 2036 l’emissione netta di debito dovrà cessare e l’UE si è impegnata a rimborsare il nuovo debito entro il 2058. A farvi fronte dovrà essere il bilancio dell’UE, prevedibilmente attraverso alcune tasse aggiuntive, per esempio sullo smaltimento della plastica non riciclabile. Si affermerà così un nuovo importante mutuatario sovranazionale che, dagli attuali 50 miliardi di euro circa, arriverà a detenere 800 miliardi di euro circa. La Banca Centrale Europea (BCE) potrà acquistare queste obbligazioni successivamente all’emissione, ampliando la gamma di strumenti disponibili per le politiche di quantitative easing.

Il “Piano per la ripresa europea“ delinea tre obiettivi o “pilastri” principali verso i quali saranno incanalati gli investimenti: contribuire ad aiutare la ripresa e il rilancio degli Stati membri affinché escano rafforzati dalla crisi; far ripartire l’economia e sostenere gli investimenti privati; trarre insegnamento dalla crisi e affrontare le sfide strategiche dell’Europa.

L’altro importante passo avanti compiuto da questa legislazione consiste nell’impegno a destinare il 30% del Coronavirus Recovery Fund e il budget settennale di 1.000 miliardi di euro alla lotta contro il cambiamento climatico. Si tratta di un enorme passo avanti verso l’ecologizzazione dell’economia europea e l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Per l’ecologizzazione dell’economia saranno disponibili oltre 500 miliardi di euro, che riteniamo innescheranno ulteriori cambiamenti in tutto il continente. È uno scenario molto favorevole al mercato dei green bond, che ci porta a prevedere un aumento nel numero e nell’offerta di emissioni a sostegno di questo obiettivo.

Buone notizie per l’economia e i mercati europei
L’approvazione del piano di salvataggio è un’ottima notizia per l’economia europea e fa ben sperare anche per i mercati obbligazionari europei, in quanto dovrebbe ridurre il premio di rischio in tutta Europa (l’ammontare dell’extra-rendimento necessario a remunerare il rischio politico dell’Europa, che si è abbassato). Sotto il profilo degli investimenti, la notizia sembra piuttosto positiva per i titoli di Stato, per le obbligazioni societarie e probabilmente per altre valute europee oltre all’euro.

La pandemia del COVID-19 ha devastato l’economia e l’approvazione del piano lascia intendere che investire in Europa è ora meno rischioso di quanto poteva essere prima.

Di conseguenza il premio per il rischio dovrebbe diminuire, soprattutto se combinato con il sostegno della politica monetaria della BCE sotto forma di allentamento quantitativo e di tassi d’interesse bassissimi o negativi, che sembrano destinati a durare a lungo. A nostro avviso, questa risposta combinata alla pandemia del COVID-19 sarà davvero efficace nell’aiutare l’economia europea ad avviare la ripresa.

Ciò detto, queste azioni di sostegno non garantiscono necessariamente una ripresa rapida dell’economia europea. Una piena ripresa che riporti ai livelli pre-COVID-19 richiederà probabilmente diversi anni, ma certamente ora il quadro fiscale e monetario è in ordine.

La crisi del COVID-19 ha prodotto un effetto deflazionistico e, anche se intervenisse una certa ripresa, quest’anno e forse anche l’anno prossimo prevediamo comunque un’inflazione alquanto modesta in Europa. Alcuni osservatori temono che la pioggia di liquidità derivante da tutto questo sostegno fiscale e monetario ci condurrà verso una spirale inflazionistica. È certamente un potenziale problema che, tuttavia, a nostro giudizio non si presenterà che fra molti anni. È anche tra i motivi che spingono gli investitori a prendere in considerazione alcuni asset difensivi nella costruzione del loro portafoglio.

La BCE non lo reputa un problema nel futuro immediato, quindi crediamo che manterrà una posizione molto accomodante, che sosterrebbe i mercati obbligazionari europei nei prossimi due o tre anni.

Sostegno alla periferia
A nostro avviso, ora i mercati obbligazionari europei dovrebbero beneficiare di un ottimo sostegno e di rendimenti contenuti. Potendo prendere a prestito dall’UE a un tasso d’interesse basso, i paesi potranno infatti emettere una quantità inferiore di debito nazionale. È un fattore positivo anche per gli investitori, con particolare riferimento a mercati periferici come la Spagna e l’Italia o come la Repubblica Ceca o la Romania che detengono obbligazioni in euro. Al momento, pensiamo che gli spread periferici offrano valore.

Naturalmente, la tendenziale volatilità della politica italiana in particolare rimane un rischio per gli investitori. Tuttavia, siamo abituati a vedere cambi di governo nel Bel Paese. L’Italia e altri Stati duramente colpiti dalla pandemia dovrebbero beneficiare di questo piano di salvataggio, che dà prova di sostegno ai paesi in sofferenza.
Naturalmente, tra i membri dell’UE non sono mancati dissensi su questo piano, che probabilmente continueranno ad esistere su altre questioni. Nell’insieme, tuttavia, riteniamo che l’UE abbia fatto il suo dovere in risposta alla crisi, compiendo un enorme passo avanti per avvicinare i paesi e favorire l’integrazione europea.

Commento a cura di David Zahn, Head of European Fixed Income di Franklin Templeton

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