A che punto siamo nella crisi e che cosa guardare sui mercati colpiti dal Coronavirus? Tardi per vendere e troppo presto per comprare.
Gli investitori sono passati dal sottovalutare la gravità della crisi (mercati vivaci) a una piena escalation globale (con l’adesione degli Stati Uniti alle misure di emergenza) che ha portato a uno sconvolgimento del mercato e a reazioni esagerate. Siamo ancora in questa fase di reazione eccessiva che probabilmente continuerà ancora fin tanto che il flusso di notizie sarà critico. È importante guardare alla Cina e all’Italia come indicatori principali di ciò che i paesi possono aspettarsi. I dati macroeconomici, ovviamente, saranno molto deboli, come è accaduto per i dati di gennaio e febbraio relativi alle vendite al dettaglio e alla produzione industriale in Cina. Sarà fondamentale che l’attività riprenda dopo le misure di contenimento. Ancora una volta, la Cina è il nostro principale indicatore. L’Italia sarà cruciale nel valutare l’impatto e la durata della crisi in Europa, e poi a seguire negli Stati Uniti. Siamo ancora in una fase troppo precoce per vedere miglioramenti significativi; le prossime due settimane saranno fondamentali per vedere gli effetti delle misure di contenimento e per stimare la durata potenziale della contrazione economica. Qualsiasi sorpresa positiva (o negativa) in questo senso sposterà il sentiment del mercato. Inoltre la ripresa dell’attività in Cina consentirà di misurare il rischio di un secondo focolaio.
Per la prima volta dal 2008 le autorità percepiscono la necessità di un’azione globale coordinata, come evidenziato dalla dichiarazione del G7 in cui i leader hanno affermato che avrebbero “fatto tutto ciò che è necessario” per sostenere l’economia globale. A livello nazionale, le autorità stanno annunciando meccanismi di protezione e pacchetti fiscali per sostenere le loro economie e la spesa sanitaria, mentre le principali banche centrali sono intervenute per fornire strumenti di liquidità, programmi di QE e tagli dei tassi di interesse. La decisione della BCE di lanciare un nuovo PEPP temporaneo (Pandemic Emergency Purchase Programme) del valore di 750 miliardi di euro è solo l’ultima di una serie di misure volte a contrastare il rischio per le prospettive dell’eurozona rappresentato dall’epidemia di coronavirus e a preservarne la stabilità finanziaria, evitando la frammentazione del sistema finanziario della UE che ha caratterizzato la crisi dell’euro. Non siamo ancora alla conclusione di questa fase di intervento della Banca Centrale: ci aspettiamo che arrivino ulteriori azioni dalle banche centrali e in ambito fiscale. L’obiettivo di questo mix di politiche è garantire che le economie sopravvivano ai blocchi nazionali temporanei e successivamente preservino la stabilità finanziaria. Un debito più alto sarà il risultato finale di questa crisi e la monetizzazione del debito la probabile soluzione. QE infiniti e tassi a zero sono destinati a durare, se non per sempre almeno per molto tempo. L’helicopter money è diventato una possibilità reale, ma sarà un altro salto in acque inesplorate. C’è anche un’opportunità per l’Eurozona in questa crisi. A differenza della crisi dell’Euro, il coronavirus colpisce tutti i paesi. L’incentivo a rafforzare il contesto istituzionale dell’area euro e a procedere verso una eventuale emissione di debito dell’Eurozona è più elevato che in passato: adesso siamo in un momento “ora o mai più” per l’Eurozona.
Ci troviamo in un momento in cui è troppo tardi per vendere e troppo presto per comprare. Vendere ora potrebbe danneggiare la possibilità degli investitori di raggiungere i loro obiettivi di lungo periodo. I mercati rimarranno volatili alla ricerca di un “vero” evento catalizzatore che possa far intravedere una soluzione della crisi (un chiaro segnale di contenimento in Europa in un momento di spinta fiscale e monetaria coordinata, o la scoperta di una terapia medica). In questa situazione, manteniamo una visione prudente sulle attività rischiose e una forte attenzione sulla liquidità. Nei mercati del credito, è probabile un aumento dei tassi di default così come una nuova ondata di declassamenti, in particolare tra le società statunitensi con rating BBB, che potrebbero cadere in territorio High Yield. A livello settoriale, quello energetico sarà il più colpito tra gli emittenti HY statunitensi dal momento che anche i prezzi del petrolio stanno crollando. Nel complesso, c’è ancora spazio per un ampliamento dello spread, ma una volta calmata la tempesta, ci saranno opportunità per modelli di business più robusti. Un focus sulle aziende con buoni fondamentali sarà necessario per attraversare questa fase. Nei mercati azionari, il mercato ribassista potrebbe rivelarsi insolito e probabilmente di estrema intensità, ma non durerà così a lungo come quello del 2008-2009. Manteniamo una visione costruttiva sulla parte finale dell’anno, prevedendo una forte ripresa dei prezzi di mercato, insieme a un miglioramento delle condizioni economiche.
Commento a cura di Pascal Blanqué, Vincent Mortier e Monica Defend di Amundi