I recenti sviluppi dello scenario politico italiano rappresentano inevitabilmente un rischio per gli attivi italiani e potenzialmente anche per l’Europa. I mercati reagiscono alle dichiarazioni sul debito italiano.
Nel caso in cui il nuovo governo si mobilitasse per garantire le sue varie promesse fiscali – tagli fiscali aggressivi, una flat-tax a doppia aliquota ed il reddito di cittadinanza – l’Italia si troverebbe a dover potenzialmente affrontare un marcato deterioramento della sua posizione fiscale, situazione che a sua volta accenderebbe l’ira sia delle autorità della zona euro sia delle agenzie di rating. Mentre il Paese attualmente gode di un surplus primario, i mercati temono che l’ambizioso pacchetto proposto, che finora non porta indicazioni sulle fonti di finanziamento, possa erodere rapidamente tale cuscinetto, mettendo a repentaglio la stabilità del rapporto debito italiano / PIL.
Al di là dell’incertezza fiscale, i mercati si sono spaventati per alcune delle proposte più allettanti della coalizione, come ad esempio la cancellazione di parte del debito italiano e l’emissione di passività governative trasferibili a breve termine (viste da alcuni come una valuta parallela). Mentre la proposta di cancellazione del debito italiano è stata abbandonata, i mercati penalizzano questo approccio poco ortodosso aumentando il premio richiesto per mantenere il debito italiano. Un’altra fonte di nervosismo è data dal fatto che la terza economia della zona euro potrebbe presto finire nelle mani di partiti ostili ad una permanenza dell’Italia nella moneta unica, e che sembrano avviati in rotta di collisione con Bruxelles: i prezzi degli attivi europei rimangono infatti molto sensibili a qualsiasi aumento del rischio di una rottura.
Nel nostro posizionamento obbligazionario, sull’Italia rimaniamo neutrali. Il recente aumento dello Spread è comprensibile e probabilmente continuerà ad aumentare fino a quando la politica non diventerà più ortodossa e prevedibile. Ma l’Italia beneficia di una migliore situazione finanziaria corrente e di una molto minore partecipazione estera al proprio debito italiano pubblico, il che la rende meno vulnerabile alla fuga di capitali rispetto alla crisi del 2012. Rimaniamo comunque meno convinti – per il momento – che esista un rischio esistenziale per l’Eurozona stessa, soprattutto nel momento in cui i controlli costituzionali impedirebbero un’uscita italiana dall’Euro anche se l’opinione pubblica ne fosse favorevole.
Commento a cura di Adrian Hilton, Responsabile tassi e valute di Columbia Threadneedle Investments