Il settore tech presenta bilanci sani e una forte generazione di flussi di cassa, che contrasta con quanto si verificò durante il crollo del 2000
Il forte calo verificatosi di recente sui mercati statunitensi – in particolare sul Nasdaq – ha riportato alla memoria quanto accadde quasi 20 anni fa. Infatti, secondo alcuni analisti, starebbe per scoppiare una bolla dei titoli tech.
Il crollo che ha spazzato via diverse centinaia di miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato per le azioni di Apple, Amazon, Google, Microsoft, Facebook e Tesla è bastato ad alcuni analisti per annunciare la fine del mercato toro. Secondo alcuni lo spettro della bolla delle dot.com, o addirittura della crisi 1929, si aggira sui mercati. A nostro parere il recente calo dei titoli tecnologici, e più in particolare del Nasdaq, è stato piuttosto fisiologico, considerate le performance recenti. Non riteniamo che si stia assistendo alla fine della sovraperformance dei titoli tecnologici, per una serie di ragioni.
È vero che il prezzo relativo dei titoli tecnologici è vicino ai picchi raggiunti all’inizio del 2000, ma il settore non è così sotto pressione in termini di rapporto P/E. A differenza di quanto accadde durante la bolla delle dot-com, la crescita dei titoli tecnologici è attualmente sostenuta da utili solidi. Vale la pena ricordare che il tech, le commodity e il settore farmaceutico sono stati gli unici tre settori a registrare una crescita positiva degli utili nel secondo trimestre di quest’anno, mentre la crescita complessiva del P/E negli USA è scesa del 33% a/a.
Per di più, oltre alla forte crescita degli utili, il settore tecnologico presenta bilanci sani e una forte generazione di flussi di cassa, che contrasta ancora una volta con quanto si verificò durante il crollo del 2000. Pertanto, nonostante le (deboli) minacce governative contro questa pratica, il buyback delle azioni resta un importante sostegno per il settore.
Il segmento tecnologico è poi “immune” al Covid-19. Dall’inizio della pandemia, è stato infatti meno colpito rispetto ad altri settori, in particolare quello dei consumatori. Alcuni sottosettori tecnologici (lavoro da remoto, e-commerce, ecc.) sono addirittura cresciuti e hanno guadagnato quote di mercato durante i lock-down imposti a causa del virus.
A differenza dello scoppio della bolla tecnologica del 2000, i driver di crescita per il settore tecnologico oggi sono molti: intelligenza artificiale, robotica, veicoli elettrici e 5G sono tutti temi che occuperanno un posto di rilievo nella nostra vita quotidiana.
Anche la correlazione negativa del settore tecnologico con i rendimenti obbligazionari è un altro fattore che contribuisce alla forte performance del settore.
Infine, una vittoria di Bernie Sanders o di Elizabeth Warren alle elezioni presidenziali americane avrebbe potuto essere una causa di preoccupazione per il settore tecnologico. Una vittoria di Joe Biden, d’altra parte, non dovrebbe cambiare le dinamiche attuali relative ai titoli tecnologici. Biden infatti non vuole in alcun modo smantellare i giganti tech. Allo stesso tempo, una vittoria di Donald Trump potrebbe dare una spinta al tema.
Quindi, non è finito il tempo per gli investimenti in titoli tecnologici.
Tuttavia, c’è un elemento che non dovrebbe essere trascurato mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno: il ritorno della volatilità. Infatti, settembre è di solito un mese estremamente volatile, con gli investitori che tornano lentamente dopo la calma dell’estate. Inoltre, anche l’esito incerto delle elezioni presidenziali americane preoccupa gli investitori.
Pertanto, se da un lato concordiamo sul fatto che il settore tecnologico abbia avuto una crescita davvero forte e troppo veloce, dall’altro è prematuro parlare di una brusca rotazione del settore verso titoli ciclici. Oggi sarebbe più corretto parlare di un ribilanciamento piuttosto che di una rotazione. La volatilità dovrebbe comunque rimanere una costante.
Commento a cura di John Plassard, Investment Specialist del Gruppo Mirabaud