Fondi pensione più vicini all’economia reale

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Rendimenti più elevati rispetto ai bond, volatilità più contenuta in relazione ai mercati azionari. Ecco le strategie dei gestori del secondo pilastro della previdenza in previsione di un rialzo dei tassi.

Ridurre la componente obbligazionaria a favore dei fondi chiusi alternativi (Fia) nel settore private equity, private debt e infrastrutture è la linea condivisa in questa fase dai gestori del secondo pilastro della previdenza. La strategia messa in campo dai fondi pensione e dalla previdenza complementare in previsione di un rialzo dei tassi è, in una parola, l’economia reale, in grado di generare rendimenti più elevati rispetto ai bond, presentando al contempo una volatilità più contenuta rispetto a quella dei mercati azionari.

«Nell’attuale fase dei mercati, così difficile per i titoli di Stato, gli strumenti finanziari che investono nell’economia reale rappresentano un’alternativa a lungo termine sempre più interessante anche per i redditi che sono in grado di generare per gli investitori», conferma Sergio Corbello, presidente di Asso-previdenza, l’associazione italiana per la previdenza e l’assistenza complementare. Come ha spiegato in un recente convegno dall’eloquente titolo «Il risparmio gestito verso l’economia reale», Corbello ha ribadito l’importanza degli investimenti nell’economia reale e ha sottolineato: «È opportuno che i fondi pensione e le casse di previdenza investano nelle infrastrutture sociali non solo a sostegno dell’economia produttiva del paese, ma anche per la natura di queste tipologie di investimenti, che sono in linea con la stessa ragion d’essere di fondi e casse». Oltre alle scelte di portafoglio in questa fase un po’ confusa per le attese di una ripresa dell’inflazione, fondi pensione e casse di previdenza devono fare ora i conti con la riforma della legge Fornero, e in particolare con la cosiddetta quota 100 che, se dovesse andare a regime, prevede un accorciamento dell’età pensionabile che interessa circa 420mila lavoratori.

Come muoversi? E quali sono le previsioni di rendimento per i prossimi due-tre anni? Hanno risposto due fondi importanti, come Fonage, il fondo degli agenti che al 31 dicembre 2017 contava 12.641 iscritti e 11.330 pensionati e una dotazione patrimoniale di 938.198.265 euro, e il fondo pensione di Intesa Sanpaolo (73.288 iscritti e 5.325 milioni di euro di patrimonio al 30 giugno) che, a fine anno, si gioverà dell’apporto di circa un miliardo di euro, per effetto della trasformazione in posizioni individuali del patrimonio della Cassa di previdenza Sanpaolo.

Strumenti alternativi per stabilizzare le performance. Parla Claudio Graziano, responsabile welfare e presidente del fondo pensione a contribuzione definita di Intesa Sanpaolo.

Come è strutturato attualmente il vostro portafoglio?

Claudio Graziano. Il fondo pensione di Intesa Sanpaolo presenta un’offerta previdenziale con una struttura multi-comparto, declinata su diversi profili di rischio/rendimento. Il patrimonio complessivo del fondo è di circa 5.350 milioni di euro, di cui 4.200 investito in comparti finanziari e 1.150 milioni in comparti assicurativi. I comparti finanziari sono così articolati: Obbligazionario a breve termine (95% bond, 5% equity); Obbligazionario a medio termine (70% bond, 20% equity, 10% alternativi); bilanciato prudente (60% bond, 40% equity); bilanciato sviluppo (50% bond, 35% equity, 15% alternativi); azionario (30% bond, 50% equity, 20% alternativi); finanziario garantito (95% bond, 5% equity).

Quali bilanciamenti intendete apportare e perché?

Claudio Graziano. Al fine di proteggere i comparti dal rischio di rialzo dell’inflazione, l’asset allocation strategica (Aas) prevede quote di titoli governativi Emu Inflation Linked che vanno dal 6% al 18% a seconda del comparto. Gli investimenti alternativi inoltre rappresentano un ulteriore componente in grado di stabilizzare le performance, sia in contesti di crescita debole che di tassi in rialzo, grazie alla loro decorrelazione con le asset class tradizionali. In generale una Aas strutturata secondo criteri di ampia diversificazione tra le asset class aiuta a difendere i risultati in contesti difficili per l’economia globale.

C’è qualche classe di investimento che intendete potenziare, o al contrario ridurre? Perché?

Claudio Graziano. L’attuale asset allocation è stata deliberata e implementata recentemente, con avvio operativo il primo luglio 2017. Salvo le ordinarie attività annuali di verifica e fine tuning, al momento non sono previsti interventi straordinari di revisione. Gli investimenti nella asset class alternativi sono in corso di completamento per raggiungere le percentuali previste a regime. Recentemente sono stati sottoscritti commitment in Fia Immobiliari per 105 milioni di euro complessivi. Sul fronte dei comparti assicurativi e/o garantiti, poi, il fondo sta verificando la possibilità di adottare nuove soluzioni nell’interesse degli iscritti. In ogni caso per fi ne anno è atteso un importante incremento delle masse in gestione del fondo, circa un miliardo di euro, per effetto della trasformazione in posizioni individuali del patrimonio della Cassa di previdenza Sanpaolo, fondo a prestazione definita del nostro gruppo, trasferimento che porterà a un incremento degli investimenti su tutte le asset class.

Prudenza e diversificazione per contenere la volatilità. Parla Francesco Libutti, presidente del fondo Fonage.

Quali scelte di investimento sono da preferire in questa fase complessa?

Francesco Libutti. Le scelte d’investimento per i prossimi anni dovranno essere sempre più improntate alla prudenza e alla massima diversificazione per contenere la volatilità che ci aspettiamo in crescita. A ogni modo per investitori istituzionali come il Fondo Pensione Agenti l’obiettivo è ottenere rendimenti adeguati nel lungo periodo per cui è sempre l’approccio strategico a guidare l’allocazione delle risorse. Le movimentazioni del portafoglio in chiave tattica sono poco frequenti e riguardano una porzione limitata del patrimonio.

Quali bilanciamenti intendete apportare e perché?

Francesco Libutti. La nostra strategia di gestione è basata su un approccio che mette al centro del processo decisionale la copertura delle passività. Una parte consistente del portafoglio è costruita per generare i flussi necessari al pagamento delle prestazioni. Generalmente quella parte non è oggetto di ribilanciamento. Il nostro turnover di portafoglio è sempre molto basso.

C’è qualche classe di investimento che intendete potenziare, o al contrario ridurre? Perché?

Francesco Libutti. Stiamo guardando con interesse agli investimenti nei fondi chiusi alternativi (Fia) nel settore private equity, private debt e infrastrutture. Sono tipologie di investimento abbastanza complesse che generano rendimenti sensibilmente più elevati rispetto ai mercati obbligazionari e hanno una volatilità più contenuta rispetto ai mercati azionari. In sostanza le caratteristiche di illiquidità di questi strumenti sono generalmente accompagnate da un rapporto rischio/rendimento favorevole non paragonabile a quello delle alle asset class tradizionali. Cercheremo poi di ridurre la componente obbligazionaria del portafoglio perché ci aspettiamo una tendenza al rialzo dei tassi di interesse dal 2019 in avanti.

Quali sono le previsioni di rendimento nei prossimi due-tre anni?

Francesco Libutti. Prevediamo rendimenti negativi sui mercati obbligazionari e un andamento incerto sui mercati azionari dove il rialzo degli ultimi dieci anni potrebbe lasciare spazio a un periodo di debolezza. Per la nostra gestione i rendimenti sono calcolati rispetto ai valori iscritti al bilancio, quindi le oscillazioni dei prezzi di mercato, ovviamente se contenute, non rilevano. In ogni caso contiamo di centrare il nostro target di equilibrio tecnico che è pari al 3,5%.

A cura di Gloria Valdonio

 

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