Cavalcare il cambiamento senza andare fuori tema

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fondi

Dalla dematerializzazione dell’economia ai fattori Esg, dall’healthcare ai big data: i megatrend emergenti nel mondo degli investimenti

Articolo tratto dal numero settembre/ottobre di Asset Management.

Secondo l’ultimo studio che Morningstar ha dedicato ai fondi tematici, nel mondo circa 195 miliardi di dollari sono investiti in fondi o Etf tematici, cioè l’1% degli asset totali dei comparti azionari globali (i dati si riferiscono alla fine del 2019). Negli ultimi tre anni le masse gestite sono triplicate e l’offerta di questi strumenti è cresciuta in modo significativo. Solo nel 2019, ne sono stati lanciati 154, poco sotto il livello record del 2018 (169), portando la gamma complessiva a 923 fondi. L’Europa è il primo mercato al mondo. Abbiamo chiesto ai più importanti gestori che si occupano di investimenti tematici quali sono le ragioni di questo boom: la ricerca di rendimenti che spinge gli investitori verso strumenti finora di nicchia o un marketing che ha funzionato? E quali sono i “temi” che fanno più gola? Abbiamo anche sondato il sentiment degli investitori attraverso un sondaggio curato dal Centro Studi Le Fonti tra oltre mille consulenti finanziari e banker.

LE RAGIONI DEL SUCCESSO
Jacques-Aurélien Marcireau, co-head of equities di Edmond de Rothschild Asset Management, spiega che «questa tipologia di fondi esiste da molto tempo, ma sta vivendo una forte ripresa di interesse a causa della forte domanda da parte dei clienti, soprattutto retail, che hanno generalmente una buona comprensione della politica d’investimento. Molti investitori hanno rivisto il loro approccio ai mercati negli ultimi anni. Sempre più investitori vorranno dare un senso ai loro investimenti. A nostro avviso, i fondi tematici soddisfano queste aspettative. Riteniamo che l’ampiezza della crisi e il conseguente e senza precedenti livello di incertezza e volatilità abbia portato gli investitori a fare un passo indietro. A questo proposito, ci sarà un rinnovato interesse per i fondi tematici».

Secondo Mario Amabile, investment specialist di Pictet Asset Management, gli elementi alla base del boom dei fondi tematici sono molteplici: «In primo luogo, il legame con l’economia reale e la vita di tutti i giorni ne rende le dinamiche sottostanti di più semplice comprensione per gli investitori. Infatti, queste strategie si basano sull’individuazione di potenti trend di crescita secolare, ossia di quelle forze di cambiamento strutturale di lungo termine in grado di trasformare drasticamente le nostre abitudini di vita. La digitalizzazione, la crescita e l’invecchiamento della popolazione mondiale, l’attenzione alla salute e la sostenibilità ambientale sono solo alcuni esempi di questi fenomeni, detti anche megatrend. Chi investe seguendo un approccio tematico, quindi, seleziona le aziende meglio posizionate per beneficiare, attraverso la propria offerta di prodotti e servizi, di tali megatrend ». Da questo punto di vista, sottolinea Amabile, «gli investimenti tematici rappresentano il superamento di logiche più classiche, come quelle basate su approcci regionali o settoriali che per certi versi appaiono addirittura anacronistici in un mondo sempre più globalizzato e fluido. Oltre all’approccio innovativo e al passo con la realtà socio-economica attuale, le strategie tematiche sono sostenute anche da un altro fattore fondamentale, le performance. Pictet-Global Megatrend Selection, fondo azionario punta di diamante della nostra gamma tematica, dal lancio nell’ottobre del 2008 registra, al netto dei costi di gestione, una performance annualizzata prossima al 12,5%, quasi 2 punti al di sopra di quanto fatto dall’indice Msci Acwi sullo stesso intervallo ». Infine, come dimostrato dalla crisi scaturita dalla pandemia di covid-19, prosegue l’investment specialist di Pictet Am, «gli investimenti tematici tendono a essere meno esposti alla volatilità di breve termine in quanto legati a cambiamenti strutturali di lungo periodo. Nel corso della violenta correzione di mercato registrata tra metà febbraio e metà marzo, la più ripida della storia, 13 delle nostre 14 strategie tematiche hanno perso meno dell’Msci Acwi, per poi rimbalzare anche in modo più deciso nel corso del successivo rally. Oggi tutte fanno meglio dell’indice, con performance positive da inizio anno prossime o superiori ai 10 punti percentuali (dati al 18 settembre). È la dimostrazione dell’efficacia dell’approccio tematico».

Anche per Michele Quinto, country head e branch manager di Franklin Templeton Italia, «le ragioni del successo dei fondi tematici sono molteplici, dato anche l’ampio spettro di soluzioni di investimento che si possono annoverare all’interno di questa categoria sia in termini di “temi” che in termini di sottostanti. Contestualizzando il nostro caso, un esempio concreto di grande interesse è il tema innovazione, molto interessante dal nostro punto di vista perché è in grado di offrire un’esposizione più ampia ai temi che modelleranno la società del futuro. Stiamo praticamente vivendo nell’era della quarta rivoluzione industriale e conformemente a quanto sostenuto da Stephen Dover, il nostro head of equities, e da Matt Moberg, portfolio manager del Franklin Innovation fund, nei prossimi 5-10 anni prevediamo che, con la loro evoluzione, saranno cinque importanti piattaforme di crescita a generare un valore economico di rilievo». Quali? Per cominciare, «l’e-commerce globale: vediamo opportunità significative nelle società di pagamenti, negli acquisti b2b, nei fabbricanti di droni e in altre nuove modalità per le consegne di pacchi e prodotti». E ancora: «Ci aspettiamo», prosegue Quinto, «svolte innovative genetiche nella diagnostica e terapeutica, compresi l’editing genetico, il silenziamento genico e l’espansione in applicazioni per l’agricoltura e di intelligenza artificiale». E a proposito di intelligenza artificiale, le macchine intelligenti «sta accelerando i tempi necessari per l’arrivo nel mercato e la personalizzazione delle macchine intelligenti, con la permeazione dei dati e il loro sviluppo, produzione e design». Interessante anche il tema della «nuova finanza, con tre vettori che trainano l’accesso al capitale: il concetto di denaro, efficienza dei prezzi e metodi di scambio, si stanno evolvendo basandosi sui dati per assegnare al rischio il prezzo adeguato, essere più efficienti e promuovere l’innovazione durante il covid-19». Infine, «la crescita futura si baserà prevalentemente su dati che non sempre sono virtuali né puliti. E la fornitura di dati, componenti fisici, accesso e archiviazione sono spesso ignorati».

NON È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA
Secondo lo studio di Morningstar, però, molti fondi tematici hanno scarsi rendimenti. Il segreto sta nell’intercettare i trend in anticipo in modo da poter beneficiare in pieno del loro sviluppo, ma azzeccare il momento giusto è molto difficile, così come scegliere il tema vincente. Come si possono aiutare gli investitori a orientarsi in questo mare magnum? «Il rischio», spiega Amabile, «è quello di incappare in strategie lanciate per inseguire mode, al fine di ricercare successo commerciale, e non sulla base di comprovate competenze. Si tratta di un vero e proprio controsenso in quanto lo spirito degli investimenti tematici dovrebbe essere esattamente l’opposto: piuttosto che per cavalcare una moda, dovrebbero anticipare i tempi, individuando fenomeni di cambiamento strutturale che impatteranno sulle nostre vite per decenni. Per esempio, quando nel 1995 abbiamo lanciato la strategia tematica Pictet-Biotech, non esisteva ancora un vero e proprio settore dedicato alle aziende biotecnologiche. Aziende di cui oggi riconosciamo invece appieno l’importanza nella ricerca di un vaccino contro il coronavirus, ma anche di cure contro malattie altrettanto gravi quali il cancro e l’Alzheimer. Ma non solo, a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio abbiamo iniziato a investire nelle aziende impegnate nella gestione delle risorse idriche. All’epoca le grandi capitalizzazioni di mercato, quelle che tutti volevano avere nel proprio portafoglio, erano le società tech, in piena bolla dot-com. Eppure, il segmento legato alle risorse idriche da allora è cresciuto a un ritmo dell’8% annuo circa, sovraperformando il resto del mercato di oltre 4 punti l’anno, mentre molte delle aziende tech che erano a quei tempi sulla cresta dell’onda sono sparite dopo poco. Questo è l’esempio concreto del fatto che osservare il mondo con la lente di ingrandimento dei megatrend sia la scelta vincente: permette, infatti, di distinguere le mode del momento, passeggere, dai fenomeni destinati invece a perdurare per decenni». Il country head di Franklin Templeton Italia, sottolinea che visto «l’universo dei fondi tematici è molto ampio e variegato, non si può affermare che “one size fits all”. Solo il supporto del proprio consulente può aiutare il cliente a orientarsi in questa offerta individuando le soluzioni che meglio si adattano al portafoglio del cliente rispecchiandone il profilo di rischio/ rendimento. Quello che possiamo dire dal nostro punto di vista di asset manager è di cercare di stare lontani dalle mode del momento e di focalizzarsi su temi di lunga durata; un approccio che caratterizza anche lo sviluppo e la gestione dei nostri prodotti in questo ambito di offerta. Ad esempio, riprendendo il tema innovazione, noi cerchiamo aziende solide che in prospettiva investano per così dire nell’innovazione giusta al momento giusto e che per questo avranno una crescita duratura anche se il mercato deve ancora accorgersene. Sono molto interessanti anche i temi Esg: riteniamo infatti che l’integrazione e applicazione dei fattori Esg a livello aziendale sia un altro elemento trainante che dovrebbe guidare gli investitori nelle loro scelte. In Franklin Templeton, l’analisi Esg è infatti una componente intrinseca del processo decisionale in materia di ricerca e di investimenti. Riteniamo che la combinazione fra parametri finanziari tradizionali e parametri della sostenibilità fornisca un valido strumento per distinguere le aziende e i settori vulnerabili alle turbolenze da quelle che dovrebbero essere meglio attrezzati per adattarsi agli shock».

EFFETTO MODA
Solo il 45% dei fondi tematici lanciati prima del 2010 esiste ancora. Ecco perché è fondamentale distinguere un tema “di moda” da uno veramente solido. Come? «Per non incorrere in esperienze di investimento spiacevoli», spiega Natale Borra, head of distribution di Fidelity International, «il focus degli investitori deve rimanere sempre uno: la diversificazione. A nostro avviso rimane fondamentale non focalizzarsi su soluzioni che possono rivelarsi essere troppo di nicchia e dunque eccessivamente concentrate, ma guardare a soluzioni che pur con un approccio tematico offrano una ampia diversificazione di portafoglio, ad esempio in termini di aree geografiche, di capitalizzazione o ancora di sottosettori. Anche in questo ambito quindi, Fidelity cerca di non perdere la sua anima di gestore davvero attivo ampliando la gamma con il lancio di soluzioni di investimento tematiche con un approccio globale per garantire ai gestori la necessaria libertà d’azione». Anche per il co-head of equities di Edmond de Rothschild Am, «è importante garantire che l’universo degli investimenti sia sufficientemente ampio. L’obiettivo è identificare nuovi modelli di consumo e cambiare i paradigmi stimolati dalla svolta innovativa che ha un impatto pluriennale in molti settori dell’economia. Il gioco finale è identificare quelle aziende che potrebbero beneficiare di questi cambiamenti nel tempo. Il tema deve essere ampio, sostenibile e pionieristico». Anche secondo il manager di Pictet, «evitare le mode del momento è una delle difficoltà maggiori. Prendo ad esempio i Bitcoin. Qualche anno fa, alcuni investitori si sarebbero potuti far ingolosire dall’opportunità offerta dai Bitcoin, che nel dicembre del 2017 registrarono un’impennata fino ad arrivare a valere oltre 19mila dollari. Una strategia totalmente dedicata alle criptovalute avrebbe probabilmente riscontrato un ottimo successo commerciale. Tuttavia, nel giro di poco tempo si sarebbe rivelata un boomerang, con i Bitcoin che in pochi mesi hanno perso oltre l’80% del proprio valore, crollando fino a poco più di 3mila dollari. Come investimento, i Bitcoin hanno mostrato quindi la capacità di generare guadagni spettacolari, ma anche perdite altrettanto degne di nota. Con questo non intendo dire che le criptovalute non arriveranno mai ad avere una loro stabilità nella crescita, ma che le dinamiche sottostanti alla loro diffusione erano poco giustificate da un punto di vista economico e finanziario e legate, piuttosto, a un eccesso di euforia. Molto diverso è il discorso legato alla blockchain, la tecnologia che facilita le transazioni tra controparti alla base del funzionamento delle criptovalute, il cui potenziale è enorme e che vanta innumerevoli campi di applicazione (dalla finanza all’arte, alla comunicazione). In sostanza, chi non si è fatto abbagliare dalla moda dei Bitcoin, dal carattere troppo volatile e speculativo, decidendo invece di investire nella blockchain ha sicuramente individuato una tecnologia innovativa dal grande potenziale di crescita». Per distinguere efficacemente i trend passeggeri dai fenomeni di lungo periodo, illustra Amabile, «in Pictet ci avvaliamo anche della collaborazione con gli studiosi del Copenhagen Institute for Future Studies (Cifs). Coadiuvati dagli esperti di settore e dagli accademici che compongono i comitati di consulenza delle singole strategie tematiche, i futurologi del Cifs ci aiutano a comprendere in anticipo i cambiamenti in grado di produrre un impatto rilevante sulle nostre abitudini di vita, monitorandone la continua evoluzione. Anche grazie a questa partnership, nel 2008 abbiamo deciso di trasformare una strategia tematica dedicata alle telecomunicazioni lanciata più di 10 anni prima, per cavalcare la svolta digitale che ravvisavamo nei metodi di comunicazione dell’epoca. Oggi il fondo, denominato Pictet-Digital, ha allargato ulteriormente il proprio spettro di investimento e dal 2016 ha un focus particolare su fenomeni puramente digitali quali l’intelligenza artificiale e l’Iot, il cloud e i big data, il 5G e la blockchain; il tutto partendo da un fondo dedicato inizialmente alle telecomunicazioni. Dunque, per chi ha un obiettivo di lungo termine, una costante analisi della dinamica dei megatrend è la chiave per evitare di lasciarsi affascinare dalle mode di breve periodo, beneficiando appieno delle peculiarità dell’approccio di investimento tematico ».

TEMI CALDI
Quali sono, allora, i temi più promettenti, quelli che emergeranno con più forza nella nuova normalità post covid? Secondo Borra «la pandemia di covid-19 ha accelerato tendenze che erano già in atto. In tale contesto, in Fidelity pensiamo che saranno principalmente tre i temi destinati a influenzare il panorama globale e le opportunità di investimento che stanno emergendo dal nuovo ordine economico. Il primo è l’Asia: in quanto prima regione a essere stata colpita dal virus, è stata anche la prima a uscirne grazie a una gestione ottimale. È un’area a cui noi guardiamo da sempre con grande attenzione e interesse e la nostra view oggi è ulteriormente sostenuta da ragioni strutturali più profonde che pensiamo stiano guidando verso la leadership economica. Il secondo tema è la tecnologia. Pensiamo che la pandemia abbia segnato un momento rivoluzionario per la tecnologia globale e che le telecomunicazioni, la tecnologia e la connettività saranno temi vincenti nel lungo termine. Infine, è evidente come le percezioni degli investitori e i comportamenti dei consumatori siano stati impattati dalla pandemia, che ha richiamato tutti a una maggiore attenzione a tematiche sociali e ambientali. In tale contesto, pensiamo che le aziende con una grande attenzione alla governance e a tali tematiche, siano in grado di gestire al meglio le situazioni di crisi e di superare le performance in un mercato ribassista». Quinto, sottolinea come il covid-19 potrebbe causare un cambio di comportamento permanente o semi-permanente a favore di certi settori che tenderanno a emergere sempre di più in futuro: dalle soluzioni per il web conferencing al cloud, dallo sviluppo di vaccini alla genetica, dal gaming online ai media “over the top”. È probabile che la domanda per questi prodotti continui a essere sostenuta. Come ha sottolineato Julie Moret, la nostra global head of Esg, il coronavirus ha inoltre acceso i riflettori su diverse questioni relative alla “s” di Esg, fra cui la stabilità sociale, l’occupazione, le infrastrutture, la protezione dei dati e la sicurezza dei dipendenti e dei clienti e delle solide pratiche Esg non solo possono aiutare a superare la crisi attuale, ma anche a prepararsi alle possibili crisi di domani». Anche Marcireau ritiene che la crisi possa accelerare alcune tendenze già emerse prima della crisi, «come l’intensificazione del digitale e l’utilizzo dei big data, l’accelerazione della spesa sanitaria, che genererà progressi in termini di ricerca sui vaccini, oncologia ecc. e la transizione energetica, possiamo anticipare piani di stimolo per le infrastrutture green (treni, energia alternativa, infrastrutture per le auto elettriche ecc.)». «Il primo pensiero», secondo Amabile, «va chiaramente alle aziende legate all’ambiente. L’esperienza legata al covid-19, infatti, ci ha fatto scoprire come i mesi di lockdown, estremamente dannosi per l’economia, abbiano al contrario contribuito a migliorare sensibilmente l’ambiente intorno a noi, con una riduzione delle emissioni di CO2 senza precedenti nella storia contemporanea. Agire per ridurre l’impatto ambientale dell’attività umana non appare più solamente necessario, ma anche possibile: emblematico da questo punto di vista è il fatto che l’Earth overshoot day, il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse naturali disponibili per l’intero anno, nel 2020 sia caduto il 22 agosto, in ritardo rispetto all’anno scorso (19 luglio) e interrompendo in questo modo un trend decennale che lo vedeva capitare sempre prima nel tempo. Nell’ambito degli investimenti legati all’ambiente penso, per esempio, alle energie rinnovabili o ai veicoli elettrici, due temi che saranno centrali anche nei piani di recupero governativi e sovranazionali». Un altro fenomeno che ha subito senza dubbio una forte accelerazione durante il lockdown, sottolinea l’investment specialisti di Pictet, «è quello della dematerializzazione dell’economia, con un numero crescente di attività che si spostano dal mondo reale a quello digitale, virtuale. Si tratta di una transizione dalle molteplici implicazioni, tra cui anche quella “green” di ridurre l’impronta ecologica dell’attività umana. In particolare, nell’universo digitale, prevedo un grande potenziale di crescita per alcuni servizi essenziali, come la telemedicina e l’istruzione online, che si stanno rapidamente diffondendo a livello globale e presentano, peraltro, anche importanti risvolti sociali in quanto facilitano l’accesso alle cure sanitarie e all’educazione a un maggior numero di persone».

ATTIVI O PASSIVI?
Individuati i temi più promettenti, quali strumenti d’investimento poi è meglio utilizzare: i fondi attivi o gli Etf? «Come asset manager», taglia corto Quinto, «non vediamo questa dicotomia; la nostra ampia offerta va dai fondi attivi agli Etf passivi passando dagli Etf Smart Beta e arrivando agli Etf attivi. Ogni veicolo soddisfa differenti esigenze e può risultare il più efficiente a seconda degli obiettivi del portafoglio del cliente. Un altro caso in cui la figura del proprio consulente risulta sempre più centrale. Noi come asset manager cerchiamo di offrire un ampio ventaglio di soluzioni possibili, offrendo anche ai consulenti il nostro supporto in termini di formazione e approfondimenti per aiutarli nell’identificare quelle che meglio possano soddisfare le esigenze degli investitori. Rappresentare in una logica d’investimento un determinato trend o tema che si manifesta nell’economia richiede importanti capacità di coglierne tutte le sue sfaccettature ed evoluzioni e quindi competenze specifiche e informazioni approfondite. Non esiste una soluzione valida in tutti i casi e non vi è una netta preferenza tra fondi attivi o Etf. Questo anche perché quest’ultimo strumento ha visto l’avvento degli Etf attivi, che mantengono tutte le caratteristiche proprie degli Etf (liquidità, trasparenza, economicità), ma sono gestiti discrezionalmente con l’obiettivo di battere un benchmark (come i classici fondi attivi). È questa la soluzione che abbiamo adottato per consentire ai nostri investitori di cogliere le opportunità legate, per esempio, ai green bond, un trend significativo all’interno del percorso della finanza sostenibile che vede impegnati governi e società che così possono finanziare direttamente progetti di riduzione di CO2. Si tratta di un fenomeno ancora agli inizi che necessita di mani esperte nella selezione dei migliori green bond di emittenti realmente impegnati dal punto di vista Esg (al fine ad esempio di evitare il fenomeno del green washing). Il nostro Franklin Liberty Euro Green Bond Ucits Etf infatti è gestito attivamente dal nostro team fixed income europeo guidato da David Zahn e con una gestione dinamica, che include fino al 30% di comprare anche bond non certificati verdi ma allineati al clima, intende battere il benchmark Bloomberg Barclays Msci Euro Green Bond Index». Marcireau, invece è convinto che «l’investimento attivo ad alta convinzione sia chiaramente il modo più appropriato per generare rendimenti sostenibili a lungo termine. Per poter individuare le opportunità, dovremo guardare oltre il “rumore” del mercato. Il prezzo di un’azione riflette solo il prezzo dell’ultima operazione. Poiché il 70% dei prezzi di chiusura è determinato da flussi di fondi passivi e dal trading quantitativo o ad alta frequenza, non fornisce assolutamente alcuna informazione sul reale valore dell’azienda, sulle sue prospettive o sulla sua capacità di prosperare in quello che può diventare un ambiente sempre più difficile». Concorda Amabile: «In un contesto in cui gli Etf stanno guadagnando spazio in molte asset class, gli investimenti tematici restano un presidio delle strategie attive. Guardando ai flussi di investimento, infatti, la maggior parte di quelli diretti ai fondi tematici finisce in fondi a gestione attiva: nel primo semestre del 2020, ad esempio, oltre l’80% di tali flussi è confluito in strategie attive. Di fatto, anche nella loro versione più smart, gli Etf presentano ancora degli svantaggi in questo ambito di investimento. Il primo riguarda la mancata inclusione di elementi di risk management nel processo di investimento. L’utilizzo della capitalizzazione di mercato come criterio per la ponderazione dei titoli in portafoglio comporta il rischio implicito di un’elevata concentrazione su un numero limitato di azioni, oltre a una minore esposizione ai titoli meno frequentati dagli investitori, spesso determinanti per la crescita di un portafoglio tematico basato sull’innovazione. Inoltre», prosegue l’esperto di Pictet,«nel valutare se inserire un titolo in portafoglio, nel caso dei fondi tematici risulta particolarmente importante tenere conto di fattori di controllo del rischio come il prezzo del titolo, la sua volatilità e la sua liquidità. Soprattutto nel caso in cui il tema abbia registrato flussi sostanziosi, come successo per esempio negli ultimi anni per la robotica, si tratta di elementi spesso determinanti che le gestioni passive tuttavia non considerano, basandosi solo sull’appartenenza all’indice. In modo analogo, la frequenza di ribilanciamento degli Etf può impattare sull’efficienza gestionale di tali strategie: tipicamente oscilla da mensile ad annuale, ma la prassi più diffusa è quella di un ribilanciamento trimestrale. Può però risultare non adeguato, soprattutto in quei settori (come quelli tecnologici) in cui il mercato tende a muoversi velocemente ed è quindi necessario adattare rapidamente il portafoglio al livello delle valutazioni». Come effetto tutto cio, conclude Amabile, «i fondi attivi tendono a mostrare una maggiore stabilità nelle fasi di correzione del mercato. La flessibilità derivante da un processo di investimento più approfondito permette alle strategia a gestione attiva di affrontare mediamente meglio le fasi di drawdown ed uscirne più velocemente, limitando quindi le perdite. Per esempio, gli Etf sono totalmente investiti, per cui per far fronte ai disinvestimenti sono forzati a vendere tutti i titoli che hanno in portafoglio, in proporzione al peso di questi nell’indice. Questo vuol dire essere costretti a vendere in momenti in cui magari la liquidità del mercato è bassa, pagando quindi il prezzo di tale illiquidità, in aggiunta alla discesa dei prezzi. A differenza degli Etf, i fondi a gestione attiva detengono sempre una quota di cash per far fronte ai disinvestimenti. Non solo, ma già nella costruzione del portafoglio tengono conto della liquidità dei titoli, cercando di avere una componente significativa di titoli facilmente liquidabili proprio per situazioni del genere. Un altro problema tipico degli Etf è che, durante le fasi di disinvestimenti diffusi, vendono indiscriminatamente tutti i titoli che hanno in portafoglio, in proporzione al peso che questi hanno all’interno dell’indice. Non fanno, quindi, alcuna distinzione tra i titoli effettivamente in difficoltà e quelli di qualità che presentano business consolidati e bilanci solidi, teoricamente meno intaccati dalla crisi. Al contrario, per i gestori attivi questi contesti possono rivelarsi occasioni per incrementare l’esposizione ai titoli di qualità che hanno in portafoglio, approfittando del calo dei prezzi causato dalle vendite indiscriminate. Infine, se pensiamo a quanto successo quest’anno con la correzione scaturita dalla pandemia di covid-19, gli Etf non potevano effettuare scelte di investimento guidate dall’intenzione di evitare i paesi e i settori più colpiti dalla crisi. Eppure, appariva evidente che alcuni settori sarebbero stati più colpiti (turismo, beni di consumo discrezionali, trasporti) rispetto ad altri che hanno goduto addirittura di un’accelerazione (sanità, mondo digitale, sicurezza informatica, sostenibilità ambientale). La gestione attiva permette di evitare i settori e i paesi epicentro della crisi, per focalizzarsi su quelli immuni o addirittura beneficiari del contesto. Nel complesso, quindi, i fondi passivi tendono ad essere più esposti alle correzioni di mercato. Per contrasto, è importante evidenziare come selezionando un fondo attivo si assuma un importante rischio, il rischio gestore, particolarmente rilevante per le strategie tematiche in cui i gestori hanno modo di incidere in misura maggiore. Per questo motivo, diventa cruciale selezionare con cura il gestore. Da questo punto di vista, i gestori tematici sono specialisti dei rispettivi ambiti di investimento e costruiscono le proprie convinzioni attraverso un’analisi molto approfondita di ogni singolo titolo presente nell’universo di investimento: essendo l’universo costituito in media solamente da 150-200 titoli, i gestori hanno, infatti, modo di effettuare in prima persona l’analisi, approfondendo accuratamente tutti gli aspetti rilevanti (compresi quelli Esg). In sintesi, la nostra filosofia può essere sintetizzata come un “conoscere tutto di poco”, opposta al “conoscere poco di tutto” tipica dei fondi generalisti ».

COSTRUZIONE DEL PORTAFOGLIO
In conclusione, perché inserire nel portafoglio una quota di investimenti tematici? In passato, spiega l’investment specialist di Pictet Am, «gli investimenti tematici erano percepiti come strumenti di nicchia, da inserire come strategie satellite all’interno della componente azionaria di portafoglio con lo scopo di accedere a ulteriori fonti di alfa e/o di diversificare il rischio. Effettivamente, le azioni tematiche costituiscono un efficace investimento satellite: molti titoli presenti nei portafogli tematici non figurano, infatti, negli indici principali come l’Msci World e, nel complesso, l’universo tematico contiene una proporzione maggiore di small cap, società ad alta specializzazione e dei mercati emergenti, tipicamente sottorappresentate nei portafogli più tradizionali. Negli ultimi anni, però, gli investitori hanno riconosciuto sempre di più il beneficio che i fondi tematici apportano al portafoglio, soprattutto in termini di extra- rendimento nel medio-lungo termine, per cui questi sono diventati ora centrali nella componente azionaria di numerosi portafogli, fino a rappresentarne talvolta la totalità». «Data la complessità dell’offerta dei fondi tematici», dice il country head di Franklin Templeton Italia, «non è possibile avere una risposta che possa coprire in generale il mondo tematico. Analizzando ad esempio il caso di un tema particolarmente di interesse in questi giorni, la tecnologia, ci sono almeno sei ragioni per inserire in portafoglio un investimento tematico tecnologico: nella nuova normalità la trasformazione digitale diventa imprescindibile, la tecnologia ha avuto un drastico cambiamento di ruolo nella vita delle persone dal lavoro agli acquisti all’interazione con gli altri, le aziende di maggior valore sono quelle tecnologiche perché da sole rappresentano il 70% della capitalizzazione di mercato, la tecnologia remunera bene e ha valutazioni ragionevoli, la digitalizzazione registrerà un’accelerazione e infine dopo la pandemia i cosiddetti “ritardatari digitali” saranno costretti a investire in tecnologia per tenere il passo con il resto del mondo. In ogni caso il nostro approccio all’investimento è differenziato e si focalizza sull’identificazione di società con prospettive di crescita destinate a beneficiare dell’innovazione. Il nostro obiettivo è fornire un’esposizione alle sacche di crescita e alle tecnologie dinamiche che possono mancare ad altri fondi e all’indice. Dal punto di vista dell’allocazione di portafoglio le nostre strategie possono offrire un’integrazione o un complemento convincente delle azioni core presenti nel portafoglio di un cliente». «In uno scenario di crisi come quello portato dalla pandemia di covid-19», conclude l’head of distribution di Fidelity International, «i trend di lungo periodo diventano ancora più rilevanti da un punto di vista degli investitori per due ragioni. La prima è legata a un tema di resilienza. Investire in temi di lungo periodo, che sono sostenuti da fattori di crescita strutturali, permette agli investitori di essere meno influenzati emotivamente dagli eventi e dalla volatilità di breve termine. La seconda ragione è più legata a un tema di opportunità. Tutte le crisi, grandi o piccole, creano un proprio nuovo ordine economico che apre nuove opportunità per le aziende che sono in grado di cogliere il cambiamento e adattare velocemente i loro modelli di business».

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