Coronavirus, per ora l’impatto riuslta essere limitato

Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su email
Email
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram
Coronavirus

L’esplosione e la rapida diffusione del coronavirus oltre il suo luogo di origine stanno seriamente limitando le attività economiche all’interno della Cina

L’esplosione e la rapida diffusione del coronavirus oltre il suo luogo di origine nella Cina centrale stanno seriamente limitando le attività economiche all’interno del Gigante asiatico. Mentre la seconda economia mondiale indirizza i suoi sforzi per contenere il virus e curare le persone contagiate, la produzione industriale nella città di Wuhan e nella provincia di Hubei – il focolaio originario del virus – è stata azzerata. Anche i viaggi in entrata e in uscita dalla Cina sono stati ridotti, con diverse compagnie globali che hanno sospeso i servizi verso Shangai e Pechino, dove strade generalmente affollate sono adesso quasi deserte.

L’impatto su alcuni dei principali settori
Alcune delle aziende che noi di ClearBridge Investments seguiamo operano o hanno forti interessi in Cina, e stanno cominciando a quantificare il possibile impatto sul loro business. Wuhan, ad esempio, è un centro manifatturiero importante per l’IT, e ospita molte grandi società cinesi nel campo dei semiconduttori. Tra queste c’è YMTC, leader nella produzione di memorie, che secondo le nostre stime nel Q4 2019 ha rappresentato circa l’8% di spesa in semiconduttori per memorie. Un eventuale blocco della produzione da parte di YMTC avrebbe un impatto negativo su una serie di società: da quelle che forniscono apparecchiature per la produzione di semiconduttori, come Applied Materials, Lam Research e ASML, ai produttori di sensori elettronici (come TE Connectivity) e di materiali per display; mentre ne beneficerà incrementalmente chi produce memorie NAND, grazie a una riduzione dell’offerta sul mercato.

Anche la domanda dei consumatori è già stata colpita, con la chiusura precauzionale di alcuni retailer e la minor circolazione di persone nelle strade. Starbucks ha comunicato durante la call sugli utili trimestrali che la guidance per quest’anno rimarrà invariata, nonostante il trend positivo dei margini. Più della metà degli oltre 4.000 negozi Starbucks presenti in Cina è attualmente chiusa, mentre i punti vendita ancora aperti registrano un calo della clientela. La Cina è sede del 13% dei negozi della compagnia e genera circa il 10% dei ricavi totali. Starbucks ha ribadito comunque come la forza del brand consentirà alle vendite di tornare ai livelli originari, una volta che la minaccia del coronavirus scomparirà.

I titoli del settore internet e media sono meno esposti all’andamento cinese, ma potrebbero comunque subire delle ripercussioni. Nella settimana passata, Disney ha chiuso entrambi i suoi parchi a tema a Shangai e a Hong Kong onde contenere la diffusione del virus. La chiusura dei parchi per un periodo di tempo superiore a una settimana impatterà negativamente nei guadagni del trimestre corrente. Nel frattempo, le agenzie di viaggi online Expedia e Booking Holdings rischiano di essere colpite dal calo degli spostamenti oltreconfine da parte dei turisti cinesi. Sottolineiamo come la Cina sia attualmente il più grande mercato per quanto riguarda i viaggi all’estero internazionali, con circa 160 milioni di viaggi nel 2019.

Per quanto riguarda le industrie dei cosmetici, del lusso e delle bevande, la gravità dell’impatto dipenderà dalla durata della crisi. I dati sui guadagni del quarto trimestre e dell’anno scorso cominciano ad essere pubblicati, ed evidenziano risultati importanti per il 2019. Gli effetti negativi di breve periodo in questi settori sono generalmente riassorbibili attraverso tagli dei costi nel marketing, negli affitti e in altri canali. Crediamo che in questo senso non dovrebbero esserci danni permanenti, e i consumatori cinesi rimarranno un’importante componente della domanda globale di questi settori.

L’impegno della Cina per bloccare il contagio
La Cina ha già conosciuto episodi di paura legati all’ambito sanitario, soprattutto con l’epidemia di SARS del 2003. Tuttavia, da allora è cambiato molto, rendendo un eventuale confronto meno rilevante. Negli ultimi 17 anni, il GDP della Cina è cresciuto dal 4% circa dell’output globale a quasi il 16%, e il turismo cinese è aumentato di dieci volte. La creazione di un massiccio, denso e veloce complesso ferroviario, con Wuhan come uno dei suoi centri più importanti, ha aumentato il rischio di contagio rispetto al 2003, quando questa infrastruttura ancora non esisteva. La rapida crescita dell’economia cinese indica che c’è in gioco molto di più rispetto al 2003, tuttavia, l’approccio più trasparente e la rapida mobilitazione del governo nell’affrontare l’epidemia potrebbe ridurre alcuni dei fattori di rischio. Inoltre, la decisione del governo di posticipare il ritorno sul posto di lavoro dopo il Capodanno, assieme al potere dei social media di comunicare alla popolazione le precauzioni da prendere contro la diffusione del coronavirus, hanno contribuito al contenimento dello stesso.

Quali conseguenze sui mercati?
Le prime fasi di questo tipo di eventi tendono a portare un altro grado di incertezza. Gli asset di rischio hanno iniziato a risentirne, con sell off di alcuni titoli, l’incremento dell’indice di volatilità CBOE di quasi sei punti e gli spread dei prodotti high yield cresciuti di 65 punti base circa. A mano a mano che la comunità scientifica internazionale comincerà a prendere le misure del coronavirus (contenendone la diffusione e sviluppando un eventuale vaccino) l’incertezza diminuirà e gli asset rischiosi si normalizzeranno. Generalmente, i mercati economici e finanziari registrano dei “rimbalzi” relativamente rapidi verso la situazione precedente a crisi di questo tipo. La debolezza economica di corto periodo causata dall’esplosione del fenomeno coronavirus probabilmente spingerà la Cina e altre nazioni a implementare ulteriori misure monetarie e fiscali espansive, che si aggiungeranno a quelle già esistenti. Certamente, lo stop delle attività causerà un calo del GDP cinese nel primo trimestre e questo avrà un impatto sul GDP globale. Le stime preliminari presentano intervalli di confidenza piuttosto larghi, ma attualmente la maggior parte degli economisti non crede che questo porterà ad una recessione cinese o globale.

Il mercato azionario statunitense è più esposto alla Cina rispetto al PIL statunitense, e il ripresentarsi di rischi economici legati alla potenza asiatica ha innescato sell off nel comparto ciclico, specialmente di titoli legati al settore delle materie prime e dell’energia. Mentre gli Stati Uniti hanno un sostanziale gap commerciale con la Cina, la bilancia delle società incluse nello S&P 500 è molto più equilibrata, visto che molte di queste hanno succursali cinesi che vendono direttamente in Cina. L’impatto sulle transazioni effettuate esclusivamente sul suolo cinese, anche se negativo per la solidità finanziaria delle aziende, non avrà conseguenze sull’economia statunitense.

Commento a cura di ClearBridge Investments, affiliata Legg Mason

Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su email
Email
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram

Non perdere le notizie sui mercati e gli investimenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *