Inflazione – Niente panico

Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su email
Email
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram
Swisscanto Invest: Inflazione, niente panico. Gli ultimi dati.

Swisscanto: Gli ultimi dati sull’inflazione negli Stati Uniti sono ben al di sopra delle aspettative.

 

Sebbene alcuni sviluppi stiano effettivamente portando a un aumento dei prezzi, continuiamo a ritenere che la curva dell’inflazione potrebbe non essere così ripida come previsto, almeno nei prossimi tre anni. La normalizzazione, in altre parole l’aumento delle aspettative d’inflazione, non è affatto sorprendente e faceva già parte del nostro scenario di base la scorsa estate. Da allora, però, i recenti dati sugli Stati Uniti pubblicati in maggio hanno chiaramente superato le aspettative (5% su base annua contro il 4,7% previsto) afferma Swisscanto.

Il tasso base è ora al 3,8%, livello toccato l’ultima volta nel 1992. Va notato, tuttavia, che la reazione dei mercati finanziari è rimasta relativamente moderata nonostante l’enorme copertura mediatica (vedi grafico 1). Questo dimostra che una parte dell’inflazione è già incorporata nei prezzi. Inoltre, il tasso dell’inflazione core ha superato di poco il trend pre-pandemia solo il mese scorso e vi ritornerà gradualmente. Non c’è quindi motivo di farsi prendere dal panico.

Attualmente, il grande interrogativo è se i dati sull’inflazione più elevata negli Stati Uniti siano effettivamente temporanei, come la Fed continua a ripetere, e siano solo il semplice recupero del calo dello 0,1% legato alla pandemia nel maggio 2020. Per rispondere, abbiamo preso in considerazione i seguenti fattori: – Problemi di approvvigionamento: i prezzi dei trasporti sono letteralmente esplosi e quelli dei veicoli usati sono aumentati significativamente (+20% da febbraio 2021) a causa della carenza di semiconduttori e del conseguente calo della produzione di automobili. Questa situazione è temporanea e si normalizzerà nel corso dell’anno. Il ritorno alla normalità è però più difficile del previsto afferma Swisscanto.. – Salari: sorprendentemente, le aziende del segmento a basso salario (McDonalds, FedEx, Dominos) stanno attualmente avendo difficoltà a coprire i posti vacanti, nonostante la continua elevata disoccupazione, e sono costrette a pagare salari più alti. Ciò è dovuto principalmente agli elevati sussidi governativi (aiuti di 300 dollari pagati a settimana oltre all’indennità di disoccupazione). Questi sussidi saranno aboliti il prossimo settembre.

– Materie prime: l’aumento dei prezzi di molte materie prime continuerà nel medio termine, vista la tendenza verso il passaggio alle energie rinnovabili. Nel breve periodo, i prezzi hanno già raggiunto un livello molto elevato (+50% per l’indice Bloomberg commodities da maggio 2020, con prezzi spot vicini ai massimi storici), quindi non ci aspettiamo ulteriori pressioni sull’’inflazione. Possiamo così osservare i primi segnali di allentamento, ad esempio nel prezzo del legno già corretto del 45%. – Situazione economica: la forte ripresa economica negli Stati Uniti ha sollevato timori di surriscaldamento. Il picco, tuttavia, sembra essere raggiunto. Gli indicatori anticipatori come il Purchasing Managers Index (Pmi) negli Stati Uniti o l’aumento del credito in Cina stanno già mostrando un’inversione di tendenza. In passato, l’aumento del credito si è dimostrato un indicatore affidabile dei prezzi al consumo negli Stati Uniti (vedi grafico 2),

che sono fortemente influenzati dai prezzi alla produzione in Cina. L’inflazione statunitense ha raggiunto il picco e diminuirà nei prossimi mesi, scendendo al di sotto del 3% a fine 2022. Inoltre, la pressione inflazionistica nel resto del mondo è appena percettibile (Eurozona 2%, Cina: 1,3%), anche se aumenterà con un leggero ritardo. Date le comunque elevate aspettative di inflazione negli Stati Uniti nei prossimi cinque anni (tutte le proiezioni a cinque anni implicano tassi di inflazione superiori al 2,5%), le obbligazioni statunitensi protette dall’inflazione sono ora troppo costose, soprattutto nel breve termine. Preferiamo quindi le scadenze più lunghe, a 7-10 anni e abbiamo rafforzato in parte le nostre posizioni in obbligazioni nominali. Nel medio termine, siamo meno fiduciosi sulla pressione sui prezzi, perché, dopo diversi decenni, fattori strutturali come la globalizzazione e i cambiamenti demografici stanno tornando ad avere un effetto inflazionistico. La curva dell’inflazione di pareggio dovrebbe quindi diventare più ripida.

 

Articolo a cura di Nicola Grass, Senior Portfolio Manager Multi-Asset di Swisscanto Invest

Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su email
Email
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su telegram
Telegram

Non perdere le notizie sui mercati e gli investimenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *