La bussola finanziaria – tra politica e mercati

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politica

Inauguriamo oggi una nuova rubrica che cerca di fare il punto della situazione sui mercati offrendo spunti interessanti con gli occhi dei consulenti finanziari. Lo faremo con Piermario Piccardo che da oltre 25 anni lavora nel settore della distribuzione finanziaria. In questo primo appuntamento immancabile il punto sullo sconvolgimento dei mercati alla luce delle vicende della politica italiana.

Visto quello che sta succedendo in questi giorni in Italia e avendo a che fare con ogni quotidianamente con colleghi e clienti, sto notando uno strisciante (non ancora conclamato, ma strisciante sì),  innalzamento del grado di ansia riguardo ai mercati finanziari. Per questo credo possa essere utile cercare di capire meglio che cosa sta accadendo, cercare di spiegarlo in maniera molto semplice, fornendo alcune indicazioni alternative sul da farsi a seconda degli scenari che via via dovessero prendere forma al succedersi degli eventi.

Albert Einstein diceva che non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna. I nostri clienti, i risparmiatori,  non sono tenuti ad essere degli esperti di finanza né tantomeno di diritto costituzionale. Noi consulenti invece siamo tenuti a saper spiegare l’attualità e la cronaca (ricordandoci di non  confonderle con la Storia), in maniera semplice e soprattutto a saper costruire, insieme a loro, delle analisi di scenario alternative all’interno delle quali poter simulare percorsi alternativi di azione, ben pianificati e preventivamente condivisi. Le azioni concordate scatteranno al verificarsi di particolari eventi, quando impattanti sul patrimonio, economico ma anche psicologico, del cliente in oggetto.

Partiamo dal fatti accaduti. La realtà è sempre una bella unità di misura.
Non è facile, soprattutto se si parla di politica come in questo caso, ma dobbiamo innanzitutto sforzarci di essere il più possibile asettici, distinguendo le opinioni (le nostre personali, che non contano mai nulla quando siamo al lavoro, o quelle dei clienti, che sì contano, ma sempre meno del loro benessere) dai fatti, che sono le uniche cose sulle quali ci si può davvero basare.

Fatto primo. Il 4 marzo scorso in Italia si sono tenute, dopo molto tempo, le elezioni politiche generali e i voti assegnati a  Movimento 5 Stelle e Lega, hanno configurato una maggioranza numerica dei seggi al Parlamento, cioè alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, anche se inizialmente le due forze politiche non si erano presentate agli elettori unite in una coalizione.

Fatto secondo. Dopo lunga e faticosa trattativa, Salvini e Di Maio sono riusciti a mettersi d’accordo a proporre insieme  il nome di un Presidente del Consiglio in pectore (il Prof. Giuseppe Conte, area M5S) al Presidente della Repubblica,  Mattarella. Questi, dopo aver sentito il Prof. Conte ed essersi accertato dei suoi requisiti e delle sue intenzioni, gli ha conferito l’incarico di formare il nuovo Governo.

Fatto tre. Il Presidente del Consiglio Incaricato Conte ha accettato con riserva e, dopo alcuni giorni, è tornato al Quirinale per presentare al Presidente della Repubblica la lista dei suoi ministri, ovvero la squadra con la quale si sentiva in grado di giocarsi la partita, sciogliendo contemporaneamente la riserva.
Inciso. Tutti questi passaggi sono indicati in forma scritta nell’articolo 92 della Costituzione della Repubblica Italiana, che rappresenta, nell’ordinamento giuridico italiano, la più alta fra le fonti del diritto. Ovvero nulla può “comandare” alla Costituzione, non le leggi, non I regolamenti, non le sentenze, non gli usi ed i costumi.

Da noi prevale il diritto scritto sulle usanze e sulle sentenze. Questo perché siamo i discendenti degli antichi Romani, inventori appunto del famoso diritto romano. Non dappertutto funziona così come da noi. Nei Paesi anglosassoni, ad esempio, prevale la cosiddetta Common Law, ovvero la legge comune. C’è pochissimo diritto scritto da quelle parti, tant’è vero che non esiste praticamente nemmeno una distinzione netta fra diritto civile e diritto penale, come invece è da noi.

Da loro è permesso (a voce) tutto quello che non è esplicitamente vietato, da noi è vietato (per iscritto) tutto quello che non è esplicitamente permesso.
Vi pare una differenza di poco conto? Non lo è. Gli inglesi, ad esempio, non hanno nemmeno la carta di identità! “Che bisogno c’è di scrivere chi siamo su un documento”, pensano?
A me viene in mente la scena di quel vecchio film di Benigni che, fermato dai carabinieri, diceva “Fammeli vedere tu i documenti, sei tu vestito strano, mica io!”
Ecco come ragionano loro! Ed ecco perché la burocrazia assume così tanto peso e potere qui da noi. Colpa degli antichi Romani, mica nostra!  È genetica, assoluta e immutabile, cosa ci possiamo fare?

Perché mi sono dilungato in questo inciso? Solo per dire che da noi se una cosa non sta scritta da qualche parte, non conta nulla o quasi. Se invece è riportata per iscritto in qualche legge, soprattutto in Costituzione poi, che è la Legge delle Leggi, vale oro.

Chiuso l’inciso, torniamo all’articolo 92 della Costituzione che recita precisamente così: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i ministri.” Tutto qui?
Si, ma le parole nel diritto romano pesano come macigni.

Il significato di “nomina”, voce del verbo nominare, non sembra dare adito a dubbi. Ma che significa “su proposta di questo”?

Qui nascono I problemi, dovuti alle differenti interpretazioni possibili.
La proposta è vincolante o no? Decide il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica ratifica e basta, oppure il Capo dello Stato ha la facoltà, se non concorda sul nome di un ministro, in questo caso sul nome del Prof. Paolo Savona all’Economia, (tra l’altro già ministro con il Governo di Carlo Azeglio Ciampi e quindi con precedenti di prestigiosi incarichi politici oltre che titolare di curriculum accademico di prim’ordine), di costringere il Presidente del Consiglio incaricato a rimettere l’incarico per poi affidarlo ad un altro Presidente Incaricato (Dott. Carlo Cottarelli, ex Fondo Monetario Internazionale), ben sapendo, tra l’altro, a priori che non avrà la fiducia delle due camere? Ovvero non godrà del voto favorevole della maggioranza del Parlamento?

Mattarella ha difeso gli interessi dell’Italia, evitando che un pericoloso economista euroscettico diventando Ministro dell’Economia potesse tentare qualche colpo di testa mettendo a rischio i risparmi degli Italiani (aumento dello spread, riduzione dei ratings, ecc), oppure ha sacrificato la volontà democratica e popolare degli elettori liberamente espressa il 4 marzo sull’altare di torbidi interessi sovranazionali (leggi Europa cattiva?)

E qui siamo a un conflitto di quelli fra guelfi e ghibellini.

Fortunatamente io non sono un costituzionalista e nemmeno un politico, per cui mi interessa poco o niente chi ha ragione o chi ha torto. Mi interessano di più gli scenari finanziari che si potrebbero verificare e quindi, a catena, gli eventuali rischi che i miei clienti  potrebbero correre.

Quarto fatto. Si voterà probabilmente in autunno: siamo quindi già entrati nuovamente in campagna elettorale. Le forze populiste, che elettoralmente esprimono la maggioranza degli italiani (sto sempre ai fatti), sfogatesi il 4 marzo alle urne e ormai arrivate a un passo dal Governo, vengono rimandate indietro. Alla pentola a pressione è stato rimesso il coperchio e chiusa la valvola. Pessima idea, secondo me. Indipendentemente dalla bontà e sincerità delle intenzioni.

Rimandare è proprio la parola chiave di questa faccenda. Perché se una cosa è sicura è che in questo modo non si è risolto un bel niente. Si è solo spostato avanti un problema con il rischio di ritrovarselo ingigantito fra qualche mese.

Non risolvere, rimandare, si traduce con una sola parola nel mondo della finanza, la più temuta in assoluto da tutti coloro che vi abitano: incertezza. Perché nelle fasi di incertezza, come ci insegna la Finanza Comportamentale, prendere decisioni (vendere o comprare, il resto è fuffa) è molto più difficile per tutti.

Ci trascineremo per mesi una situazione nella quale una parte del Paese penserà di essere stata espropriata del diritto di governare, in nome della supremazia dell’economia (leggi  Europa-cattiva), sulla volontà popolare. Contemporaneamente l’altra parte, quella “europeista-macroniana” non si sarà ancora per nulla rilassata dallo scampato pericolo dell’inesorabile avanzata del populismo e non si sentirà ancora (o più) e per niente al sicuro. Così avremo due problemi invece di una soluzione. Ottimo.

Un mio manager e caro amico, scomparso purtroppo lo scorso anno, diceva che se metti i problemi nel cassetto, il 70% di essi si risolve da solo. Forse non aveva del tutto torto, anzi, col senno di poi direi che aveva probabilmente ragione. Ma io, all’epoca, scherzando, gli rispondevo: “E’ vero Aldo, ma non sempre si risolvono come vuoi tu!” Era un grand’uomo e un vero signore. Aveva una capacità di gestione dello stress davvero impressionante. Non che non fosse sul pezzo, anzi, proprio il contrario, ma non si scomponeva mai fino al punto di perdere, nemmeno per un attimo, la sua proverbiale eleganza nei modi.

All’epoca aveva il grado di Regional Manager ed io lo stuzzicavo per il suo aplomb sabaudo, controbattendo che RM non stava per Regional Manager ma per “rimandare e minimizzare”, facendo riferimento alle vecchie tecniche di risposte alle obiezioni in uso negli anni ’90.

Credo che questa volta il trucchetto RM non funzionerà.
Quello che succederà sarà che sposteremo avanti il problema di qualche mese, aumentando il grado di conflitto sociale, correndo il rischio di soffocare una ripresa economica appena iniziata.

I problemi, se non affrontati, gestiti e risolti per tempo, seguono sempre e solo due strade: o veramente si risolvono da soli, come diceva Aldo, oppure si gonfiano a dismisura.
Il tipo particolare di problema al quale siamo di fronte, che appartiene alla famiglia delle incomprensioni fra le parti, spesso dipende, come direbbe Watzlawick, dalla punteggiatura della comunicazione.
Questo però vale solamente se l’incomprensione è involontaria, non quando al contrario, come in questo caso, almeno secondo me, è generata da un mix di orgoglio e prestigio personale (chiamiamolo pure, se vogliamo, istituzionale), condito con interessi interessi di parte di ogni attore sulla scena e pure dei molti invisibili dietro le quinte (che sono anche più numerosi, solitamente).
La domanda che mi faccio da consulente è: i clienti (cittadini) si meritano di affrontare di nuovo una fase problematica come quella che probabilmente ci  aspetta?

La risposta secondo me è no. Quindi tutti quanti (la politica, i partiti, le istituzioni ecc.) dovremmo, se avessimo un minimo di buon senso (merce sempre più rara a trovarsi in giro), sgonfiare subito il problema.
Ma probabilmente, per un motivo o per l’altro, questo non accadrà.
Anzi, accadrà verosimilmente il contrario e il problema si trasformerà infine nella messa in discussione delle regole che ad oggi sono alla base delle attuali istituzioni europee. Giuste o sbagliate che siano, sia chiaro.

Probabilmente la pentola a pressione scoppierà e il suo contenuto andrà a stamparsi sul soffitto e inizierà a colar giù per le pareti.
Non voglio essere facile profeta profeta, come lo fui con la Brexit o con la crisi cinese del 2015,  ma a volte basta mettere i fatti insieme e fare due più due.

Quindi che si fa?
Prima di tutto si diversifica!

E per diversificare intendo che se ho il mio reddito prodotto e pagato in Italia, la mia liquidazione accantonata in Italia, la mia prima e magari anche seconda casa in Italia, la mia azienda in Italia, i contributi per la mia futura pensione versati in Italia, forse potrebbe essere il  l caso che per i miei risparmi scelga destinazioni differenti, attraverso strumenti finanziari del tutto legali, come le Sicav o le Unit Linked, spesso di diritto lussemburghese o irlandese, che in questo contesto non guasta.

Vuole anche dire che il rischio, nel caso si torni ai timori che abbiamo già vissuto nel 2011 con la crisi del debito sovrano, si anniderà sempre di più nei titoli di Stato. Dapprima italiani, soprattutto quelli con scadenza residua  superiore a tre anni, ovvero fuori dalla “protezione” dello scudo di San Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, e poi magari, speriamo di no, il cosiddetto “contagio” (anche se oggi le misure per evitarlo sono state rafforzate rispetto al 2011) potrebbe allargarsi ad altri Paesi europei.

Tra l’altro nel 2019, Draghi non ci sarà più a proclamare di nuovo il famoso “Whatever it takes”, “faremo qualunque cosa per salvare l’Euro”, perché molto probabilmente nel frattempo avrà passato il testimone della guida della Banca Centrale Europea ad un tedesco, essendo ormai in scadenza il suo mandato.
A differenza dell’altra volta, inoltre, ora abbiamo anche le clausole CACs sui titoli del debito pubblico italiano (se non sapete bene di che si tratta è perchè alla cosa non è stata fatta molta pubblicità, ma nasta cercare su Google o Wikipedia) che non aiutano a vivere tranquilli dal punto di vista del rischio emittente. È bene tenerlo presente.

E le banche?
Hanno appena finito o quasi di ripulirsi dagli NPL, i crediti incagliati, ma sono piene zeppe di titoli di Stato Italiano. Quindi contengono ingredienti potenzialmente nocivi…

Qual’è il consiglio, molto generico, che sento di potervi dare?
Scegliete due o tre gestori (non dei prodotti, dei nomi e cognomi, è molto meglio scegliere buoni e rodati piloti che belle macchine in questi frangenti), molto attivi sul mercato sia a comprare che a vendere e molto efficienti (ovvero grandi generatori di Alpha storico, ovvero di extra rendimento rispetto alla media), di quelli che hanno carta bianca dalle loro Società di Gestione del Risparmio e fate fare a loro.

Evitate di scegliere mercati o prodotti di nicchia o legati a benchmark specifici e fissi, il vento potrebbe cambiare da un momento all’altro e non sarebbe facile orientare velocemente le vele.
Ovviamente, via i soldi superflui dai conti, penso sia inutile dirlo. Che non vuol dire metterli sotto il materasso, vuol dire investirli con intelligenza e diversificando.

È il momento di farsi gestire bene, di scegliere uno skipper con i fiocchi, un ottimo consulente finanziario iscritto all’Albo Nazionale e autorizzato ad operare, che sappia ascoltarvi e aiutarvi a scegliere ottime soluzioni per la vostra specifica situazione. Si prevede mare agitato, almeno qui da noi.
E se poi va tutto bene? Meglio, ma noi consulenti non siamo pagati per sperare, ma per proteggere i clienti dai rischi più pericolosi, quelli che loro spesso nemmeno immaginano.

 

Piermario Piccardo, classe 1967, da 25 anni lavora nel settore della distribuzione di servizi finanziari. Il suo percorso professionale in primarie aziende nazionali e internazionali, dalla gavetta come promotore finanziario neolaureato fino all’incarico di manager responsabile di Liguria e Basso Piemonte, ne certifica la profonda conoscenza, da ogni angolo visuale, del mondo delle reti e della professione. Nel 2015 ha pubblicato l’ebook ” Come sfruttare il Cloud gratis e ricominciare a vivere” pubblicato da Amazon.
Twitter e Telegram:@pieropiccardo
LinkedIn: www.linkedin.com/in/pieropiccardo 

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