L’arte, la capacità e la scienza di comunicare la finanza

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comunicazione

Secondo Paolo Brambilla, fondatore di Trendiest News, un nuovo modello di agenzia di stampa può rendere sempre più dirompente la comunicazione

L’intervista esclusiva a Paolo Brambilla tratta dal numero di luglio/agosto 2020 di Asset Management.

Paolo Brambilla è il direttore responsabile dell’agenzia di stampa Trendiest News. E vanta una lunga, lunghissima esperienza nella comunicazione finanziaria. Si potrebbe dire che fa parte addirittura del suo patrimonio genetico. Già, perché la sua famiglia, si occupa di informazione finanziaria dal 1876, quando iniziò a editare il Bollettino delle Estrazioni, il più antico periodico economico finanziario d’Italia. «Si chiamava Bollettino delle Estrazioni», spiega Brambilla, «perché con l’Unità d’Italia erano comparsi i primi prestiti obbligazionari, soggetti a rimborso anticipato su estrazione: oggi non si usano più, ma un tempo i risparmiatori li amavano molto. Non c’era banca italiana che non fosse abbonata. Il Bollettino era compilato con una precisione che oggi definiremmo maniacale. Del resto allora non esistevano né computer, né fotocopiatrici: tutto veniva preparato a mano e verificato più volte. Da ragazzo ero anch’io precettato ogni tanto alla correzione delle bozze; e quando un funzionario di banca telefonava per rilevare piccole discrepanze fra la Gazzetta Ufficiale e le nostre tabelle, sentivo mio padre rispondere: “Ma secondo lei il dato giusto è il nostro o quello della Gazzetta?” Al che il funzionario chiedeva scusa e riattaccava. Invece con il passaggio da Cee a Unione europea nel 1993 ho dato vita a uno spin-off dedicato alle Borse internazionali (il Bollettino Internazionale Brambilla) di cui mi sono occupato fino a oggi. Anzi, nel 2002 ho lasciato anche la versione cartacea per passare definitivamente al web con l’agenzia di stampa ActionNews, di cui sono tuttora direttore responsabile».

Arriviamo ai giorni nostri, come è cambiata la comunicazione nel settore finanziario? Quali sono le esigenze di comunicazione della finanza?
PAOLO BRAMBILLA: Fin dalla sua nascita, il fintech è stata considerato una forza dirompente nel settore finanziario, un evento per il quale prepararsi, sia per cavalcarne la potenza, sia per difendersi dai suoi eventuali eccessi. Tuttavia, la sua rapida adozione da parte delle istituzioni finanziarie e delle industrie ha reso il fintech del tutto normale e accettabile, trasformandolo da minaccia a risorsa per le istituzioni finanziarie tradizionali e le startup, adattandosi ai cambiamenti e applicando soluzioni innovative sempre migliori. Attingendo all’approccio del metodo dei casi introdotto dalla Harvard Business School, anche il mondo della comunicazione in campo fintech ha potuto adeguarsi alle sfide della vita reale che riflettono la natura complessa e fortemente innovativa della tecnologia finanziaria. Si è presto creata la necessità di quadri normativi di riferimento, ma questo rientra, come in molti altri campi, nella logica della protezione del consumatore.

A suo parere è una comunicazione complessa o che trae origine dalle stesse necessità di sempre?
PAOLO BRAMBILLA: Sì, l’aumento della complessità è sempre in agguato. Tutto ciò che oggi va online integra contenuti multimediali ricchi e interattivi come video, infografiche e attività di e-learning, nonché componenti didattici tradizionali come case study e altro nel caso dell’educazione finanziaria cui abbiamo accennato prima. Ma la necessità di comunicare con correttezza è rimasta la stessa di sempre: le fake news non hanno diritto di cittadinanza nel mondo della comunicazione finanziaria.

Negli ultimi mesi abbiamo davvero visto di tutto. Da chi comunicava ogni giorno in modo eccessivo, a chi non comunicava affatto. C’è chi si è affidato a editori e chi ha fatto tutto da sé inventandosi webinar, meeting digitali, email massive etc. Quali sono stati a suo parere i trend più interessanti e cosa resterà di queste forme di comunicazione alternativa una volta che la situazione si sarà normalizzata?
PAOLO BRAMBILLA: Il futuro dell’educazione, parlo in generale, non solo di quella finanziaria, sta sicuramente nell’apprendimento online. Questo è il trend dirompente di questi mesi. Alla Harvard Business School si prevede che la metà di tutti i college tradizionali non esisterà tra 10 anni perché l’istruzione online minerà i loro modelli di business a tal punto che molti non sopravvivranno. Ma c’è di più: l’apprendimento online inizierà dalla scuola materna, semmai il problema sarà come gestire i figli a casa. Del resto i primi test negli Usa dimostrano che la maggior parte degli studenti (mi sembra che il campione si riferisca alla fascia 15-25 anni) preferisce le lezioni online all’apprendimento dal vivo, purché esista anche un tutor in carne e ossa da contattare in caso di emergenza. Per questo anche il mondo del lavoro si troverà ad affrontare questi grandi cambiamenti. L’esperienza del Covid non si esaurisce adesso: dalle forme di comunicazione alternativa cui ci siamo immediatamente abituati, fin dal primo mese di confinamento, non torniamo più indietro.

In Italia siamo ancora indietro rispetto a tanti paesi nell’ambito della educazione finanziaria. Pensa che questo incida sulla comunicazione e la comunicazione può incidere sull’educazione finanziaria degli italiani?
PAOLO BRAMBILLA: La mancanza di educazione finanziaria non è solo un problema italiano, a dire il vero è un problema che tocca parecchi paesi industrializzati, anche se in effetti l’Italia si posiziona vicino agli ultimi posti. Secondo una recente ricerca i paesi del nord Europa come Danimarca, Norvegia e Svezia si posizionano in cima alla lista globale dell’educazione finanziaria, con il 71% della loro popolazione finanziariamente istruita. Tuttavia, gli altri paesi europei non sono così preparati: cittadini di paesi come la Romania (22%), il Portogallo (26%) e l’Italia (37%) hanno difficoltà nella comprensione degli argomenti finanziari. E tendenzialmente il fenomeno sta peggiorando. A metà strada si situa l’Irlanda (55%) dove pure hanno sede grandi istituzioni finanziarie. Inoltre, più a est in Europa si va, più aumentano i problemi di alfabetizzazione finanziaria: nessun paese a est dell’Ungheria, nemmeno la Russia, si classifica a un livello adeguato. Come ci si potrebbe aspettare, aree come l’Africa e il Sud America, dove i tassi di istruzione tradizionali sono già bassi, hanno anche un basso punteggio per l’alfabetizzazione finanziaria. Tuttavia, anche un paese come gli Stati Uniti, dove si potrebbe pensare che tutti siano finanziariamente abbastanza esperti, ha solo il 57% di alfabetizzazione finanziaria. E nulla fa pensare che in futuro la situazione migliorerà. Basterà la comunicazione fatta dagli editori e dalle emittenti televisive più preparate a invertire questo trend in via di peggioramento? Non credo. Il fenomeno andrebbe affrontato alla radice, con una scuola elementare e media più orientata a preparare i giovani cittadini a scelte più consapevoli: alla innegabile qualità della cultura umanistica italiana va affiancato un po’ di sano pragmatismo anglosassone.

Come immagina la comunicazione nel settore finanziario nel futuro e come le piacerebbe diventasse?
PAOLO BRAMBILLA: Francamente, la comunicazione in Italia è già ben strutturata: mancano forse i lettori e gli spettatori in grado di comprenderla appieno, ma questo è un altro discorso. Torniamo al tema dell’educazione finanziaria di cui abbiamo già parlato diffusamente. Se mi chiede che cosa si potrebbe fare di più, un paio di idee le avrei. Non si tratta di diffondere una quantità maggiore di dati, con il solo rischio di confondere i destinatari del messaggio, ma un po’ di correttezza in più nel commentare i dati ai lettori non guasterebbe. Talvolta è facile seguire la corrente e lodare all’unisono iniziative che poi si rivelano per lo meno di dubbia utilità, se non addirittura negative o scorrette. Un maggior impegno nel leggere e approfondire i comunicati degli emittenti, una costante verifica delle fonti, la puntuale spunta dei pareri espressi da altri commentatori nel resto del mondo, tutto questo dovrebbe diventare un mantra per costruire un’informazione corretta e una reale tutela dei risparmiatori.

Parliamo un po’ di Trendiest, la sua società di comunicazione. Qual è la filosofia che la differenzia dagli altri competitor e quali sono i principali elementi distintivi?
PAOLO BRAMBILLA: Il mondo della comunicazione certamente sta cambiando, rispetto a pochi mesi fa: testate quotidiane e periodici cartacei un tempo indispensabili per raggiungere il proprio target di riferimento stanno scomparendo sotto i colpi inferti dal web, dai blog, dai social, perfino dagli influencer più disallineati. E soprattutto per via delle emittenti televisive innovative, delle trasmissioni in streaming, dei video e della “pillole” di saggezza diffuse su Youtube e sui social. Non dimentichiamo che l’immagine oggi sta diventando più importante della parola: comunica subito, comunica bene, penetra nel campo emotivo di chi riceve il messaggio. Nonostante tutto alcune testate cartacee riescono a svolgere ancora il loro compito, ma sono molto poche: su queste i comunicatori più accorti si stanno concentrando. Del resto per piccole compagini flessibili e reattive come quella che dirigo, Trendiest News, le difficoltà sono soltanto uno stimolo ad agire meglio, trovando collaboratori sempre più proattivi, scegliendo argomenti e news dirompenti e veramente attuali, selezionando app e software realmente geniali, in grado di “bucare” il muro di appiattimento e banalità dei concorrenti. Un tempo non era facile per un’agenzia, per quanto flessibile come la nostra, che si trovava a operare in un mercato un po’ appiattito, differenziarsi dalle altre, ma ora il clima è cambiato. Ecco perché diciamo che Trendiest News si concentra sulla funzione di ufficio stampa e lavora per rendere sempre più dirompente la propria comunicazione. Perché il vero obiettivo delle aziende che si rivolgono a noi è di riattivare la capacità di attrarre la propria clientela verso i propri prodotti e servizi, e soprattutto entrare in contatto con una clientela potenziale tramite il corretto utilizzo del web e dei social network dotati d’impatto e alto profilo professionale, come LinkedIn. Ci piace distinguerci con servizi di affiancamento innovativi, per questo Trendiest News studia da vicino i fenomeni come Google o Amazon e collabora con Execus, uno degli unici tre LinkedIn approved training partner al mondo.

Si parla tanto di fintech e negli ultimi anni questo termine è diventato un vero e proprio tormentone. Ci può spiegare esattamente cosa significa e perché è così importante?
PAOLO BRAMBILLA: Non sono particolarmente abile nel coniare definizioni ed etichette, nel caso del termine fintech poi c’è molta confusione e nessuno sa bene come sia approdato al linguaggio del nostro settore. Figuratevi che qualcuno all’inizio usava il termine tecnofinanza, rapidamente ucciso dal buon gusto per via della sua cacofonia. Forse si potrebbe interpretare come uno dei tanti acronimi, utili per la loro brevità, facili da ricordare. In questo caso per indicare la nuova industria finanziaria che iniziava ad applicare diffusamente soluzioni tecnologiche per migliorare i processi e le attività finanziarie.

Il ruolo della comunicazione diventa cruciale per il fintech o è il fintech stesso a essere una leva per rendere la comunicazione più efficace?
PAOLO BRAMBILLA: La teoria dell’innovazione dirompente si è rivelata negli ultimi anni un potente modo di pensare alla crescita e allo sviluppo. Questo aspetto diventa cruciale per il fintech: in generale il concetto di disruption viene utilizzato per descrivere un processo in cui una società più piccola riesce a sfidare con successo sul mercato le imprese consolidate. Comunque un’azienda che ha prodotti obsoleti o non adatti al suo mercato non può fare nulla, salvo studiare finalmente prodotti nuovi adatti a quel mercato o a un nuovo mercato in via di espansione, e cercare di battere sul tempo i concorrenti. Inoltre oggi affrontiamo ostacoli ancora più ardui dei precedenti. Il confinamento imposto dal coronavirus ha rallentato molto i contatti interpersonali. Si dice che l’effetto più rovinoso non sia stato tanto il numero di persone che Covid-19 ha debilitato o ucciso, ma la paralisi relazionale che ha diffuso. Paralisi che ha devastato gli equilibri economici anche in paesi come l’Italia, che si era sempre posizionata nella fascia alta tra quelli industrializzati. Quanto all’efficacia della comunicazione, è un bel problema. Non intendo dire che il tone of voice e lo stile di comunicazione del fintech, con la sua grande componente di trasmissione fiducia che da sempre ingloba, possa diventare una leva per rendere i messaggi più efficaci anche in altri campi, ma certamente vanno ricostituiti i canali preferenziali di contatto con il pubblico, ricreando quei valori di networking che la tradizione italiana ha sempre privilegiato. Certo, per un’agenzia come la nostra occorrono clienti che abbiano la capacità di apprezzare un lavoro meticoloso e puntuale che non ha nulla a che fare con la comunicazione classica degli anni ’90 del secolo scorso, quando si usava il telex, e l’innovazione del fax sembrava divina. Mi ricordo che allora inviavo messaggini stringatissimi al mio ufficio di Londra tramite un monitor a fosfori verdi che non permetteva di esprimersi compiutamente. Ma piuttosto che niente, meglio piuttosto, si diceva a Milano. Le pagine pubblicitarie venivano studiate mesi e mesi prima della pubblicazione, senza tener conto delle variabili che intervenivano nel frattempo. Oggi è tutto diverso: vi accenno una breve case history di pochi mesi fa. La Aipb, Associazione italiana private banking, ha lanciato a inizio anno un innovativo e validissimo master in Private banking & Wealth management con l’obiettivo di avvicinare giovani neolaureati al mondo del lavoro, attraverso un percorso formativo intenso e un periodo di stage presso primari istituti finanziari specializzati nel private banking e nel wealth management. Si trattava di un’iniziativa di eccezionale validità, in grado di attrarre giovani partecipanti che sarebbero stati inseriti in un percorso di alta formazione professionale in un contesto lavorativo di elevata specializzazione: degli otto mesi di durata del corso solo due sarebbero stati in aula, mentre i successivi sei sarebbero stati in stage presso i più prestigiosi istituti bancari, creando un’opportunità di apprendimento sul campo di valore inestimabile. Aipb ha affidato a Trendiest News il delicato incarico di creare i presupposti per contattare i migliori studenti e neolaureati tramite un uso accorto e meticoloso dei social, in particolare di LinkedIn, con pagine e messaggi mirati al target specifico, con frequenza ottimale e risultati misurabili. Questo è il modo giusto di operare: il mondo fintech si basa sì sull’immagine coordinata su tutti i mezzi di comunicazione classici, ma per obiettivi specifici sa spostarsi rapidamente anche su canali più flessibili e creativi.

Nell’ambito della comunicazione finanziaria la piattaforma MarketWall risulta essere proprio un esempio di come fintech e comunicazione vadano di pari passo. Ci può spiegare come è nata e a chi si rivolge?
PAOLO BRAMBILLA: Anche in questo caso, come per il Bollettino Brambilla, il merito non è mio: mi sono solo trovato al posto giusto nel momento giusto. Nel 2015 Marco Roscio Ricon, che da poco aveva lasciato un importante incarico al London Stock Exchange, mi ha sottoposto una formidabile idea innovativa sia in termini di software, sia in termini di contenuti informativi: fin da subito mi è apparsa come fortissima e dirompente a confronto di ciò che il mercato offriva agli investitori, fossero essi professionali o privati. Certo non ho potuto rifiutare l’offerta di collaborare come direttore responsabile della parte giornalistica del progetto, ed eccomi qui ancora a condividere con lo stesso ruolo il grande successo di MarketWall. Ah, va detto che la piattaforma un paio d’anni dopo il lancio si era talmente affermata per la sua validità e che oggi la startup, se ancora vogliamo definirla così, si trova ad avere Banca Intesa Sanpaolo fra i principali azionisti.

Quali sono i principali elementi che hanno reso MartketWall un importante strumento di lavoro e di informazione per gli investitori?
PAOLO BRAMBILLA: MarketWall è una società fintech focalizzata sulla progettazione e lo sviluppo di soluzioni software come parte di un ecosistema completamente integrato di dispositivi intelligenti: web, mobile, indossabile e smart tv. Il nostro obiettivo è di innovare il modo di accedere ai mercati finanziari combinando tecnologia, dati ed esperienza dell’utente. Lavoriamo per potenziare l’esperienza dei dati di mercato e la conoscenza degli investimenti sviluppando piattaforme multidevice b2b e b2b2c per i principali attori nei settori finanziario e tecnologico. Le nostre piattaforme coprono oltre 50mila azioni e forniscono notizie, quotazioni in tempo reale per i mercati Ue e Usa e altri contenuti finanziari. Io seguo l’aspetto giornalistico, che è in continua evoluzione. Per testarlo non c’è che accedere al sito, è gratuito, all’indirizzo marketwall.com Ciò che più apprezzano gli utenti della piattaforma è l’immediatezza d’uso. Del resto in sostanza gli utenti della piattaforma sono interessati a sapere dove investire. Una domanda cui non è facile rispondere, anzi noi paradossalmente non lo facciamo, pur avendo le nostre opinioni. Evitiamo accuratamente di dare consigli: semplicemente segnaliamo, fra le mille opportunità, qualche decina fra quelle che i più preparati analisti in tutto il mondo prendono in considerazione. Il nostro compito è aiutare il lettore a saper cogliere le opportunità che si presentano. Sarò più chiaro: il nostro è un set completo di contenuti per semplificare la valutazione degli investimenti. Il lavoro della nostra redazione è frutto di una lunga esperienza a diretto contatto con i mercati. Dopo il lancio della piattaforma abbiamo completato l’offerta di servizi tecnologici con contenuti proprietari, diventando una testata giornalistica finanziaria. Notizie, analisi, video e infografiche ci permettono di rendere più immediata l’informazione di settore e creare importanti data driven insight apposta per il lettore. È ormai opinione diffusa, da Gartner in giù, che non basti più all’utente ricevere dati indifferenziati, ma che occorra fare una selezione per fornire solo quelli utili. Con data driven insight intendiamo appunto dire che i nostri tool analizzano in tempo reale un vasto patrimonio di dati e notizie per offrire i market insight più interessanti. La tecnologia supporta il nostro lavoro, ma riconoscere un buon investimento è tutta un’altra storia. Su questo punto ognuno deve decidere da solo, e la nostra opera di sintesi è diventata veramente indispensabile per riuscire a selezionare solo i dati che contano.

Quando si incrociano i destini di MarketWall e Trendiest?
PAOLO BRAMBILLA: Sono due cose cui tengo molto, direi con pari intensità e coinvolgimento: non saprei dirti il momento esatto in cui i due progetti si sono sovrapposti e integrati nello stesso corpus. Dieci anni fa? Cinque anni fa? Però, come ho accennato, Trendiest News costituisce sì un’innovazione, ma nel solco del normale lavoro di un’agenzia di stampa che non può e non deve restare ferma e ancorata agli schemi del passato, ma mantenere l’obiettivo di essere sempre in prima linea. Il suo punto forte è che ci lavorano collaboratori giovani e molto motivati, che la faranno crescere sempre di più e meglio, con grinta e determinazione. Con MarketWall è tutta un’altra storia. L’innovazione pervade ogni riga di programmazione del software, ogni approccio alla notizia, ogni tabella pubblicata e ogni accesso alle fonti internazionali. Mi viene da dire che è la quintessenza di come si dovrebbero usare i big data in finanza. Posso affermarlo senza falsa modestia, perché tutto ciò che MarketWall rappresenta non è stato creato da me, ma da un gruppo di lavoro capitanato da Marco Roscio Ricon, con una passione e una competenza che sarà difficile per un concorrente riprodurre in futuro. Qui sì che il termine disruptive è appropriato. È come se mi avessero dato una Ferrari nuova fiammante per correre in Formula 1: io devo solo guidarla, non so nemmeno come si sia potuto concepire un motore così diverso dai precedenti, e così perfetto. Lo uso soltanto, guido con prudenza, e tutta la scuderia vince, non il solo pilota.

Insomma sembra proprio che il connubio tra finanza e comunicazione facciano proprio parte del suo dna. Nella sua lunga carriera quali sono state le sue più grandi soddisfazioni?
PAOLO BRAMBILLA: Ho gestito agenzie di comunicazione internazionali, con uffici a New York, Londra, Parigi, Bruxelles, per conto di committenti molto esigenti e affermati, ma la soddisfazione di lavorare a Milano e di contribuire a creare in pochi anni realtà tutte italiane di questo livello, non ha prezzo. L’anno scorso ho tenuto un bell’intervento a Parigi, nella modernissima sala conferenze di Euronext, parlando dello sviluppo esponenziale di MarketWall a una platea di esperti di tutta Europa: non sono particolarmente nazionalista o patriottico, ma rispondere alle domande di tanti colleghi che non volevano credere che questa piattaforma fosse nata tutta in Italia, mi ha riempito veramente d’orgoglio.

Sicuramente, come nella vita di tutti, ci saranno stati anche momenti più difficili. Quale è stata la più grande lezione che ha imparato durante la sua lunga esperienza?
PAOLO BRAMBILLA: Sarò un incorreggibile ottimista, ma di momenti difficili nella carriera proprio non ne ricordo. Di lezioni ricevute dalla vita, privata e pubblica, sì, ne avrei a decine da raccontare. L’insegnamento che ho sempre ricevuto in tutte queste occasioni è veramente semplice, anzi direi indubbiamente classico, un po’ quello che Cicerone raccontava duemila anni fa nel De Amicitia, e un po’ quello che Epicuro sosteneva trecento anni prima di lui: «Non è tanto l’aiuto degli amici a giovarci, quanto la fiduciosa certezza che essi ci aiuteranno».

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