Mercati emergenti: come navigare in acque agitate

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mercati emergenti

Gli ultimi accadimenti e i principali fattori di rischio gettano molte preoccupazione sulla situazione dei mercati emergenti

Il terzo trimestre del 2019 si è concluso come è iniziato con rinnovate preoccupazioni per la crescita incerta, l’infinita saga sino-americana, l’imposizione di un altro ciclo di dazi e le fluttuanti relazioni tra le due maggiori economie mondiali, oltre alle speranze di un ulteriore allentamento delle politiche monetarie a livello globale, e la geopolitica ha agitato le acque in varie parti del pianeta. Mentre il mondo sta a osservare l’imbroglio politico degli Stati Uniti, chiaramente già in modalità di campagna elettorale, non dovremmo sottovalutare altri complicati sviluppi in Europa, tra cui il rischio sempre più evidente che il Regno Unito esca dall’UE in assenza di un accordo.

Le nubi di rischio si concentrano sopra gli Stati Uniti e l’Europa Occidentale. Tuttavia, anche se le implicazioni sulla crescita locale e gli investimenti nei mercati emergenti e di frontiera sono alquanto improbabili, tale universo di investimento viene comunque influenzato da simili venti. I mercati emergenti hanno sottoperformato le economie sviluppate, con un calo del 4,2% contro lo 0,8% nel trimestre, mentre i mercati di frontiera hanno navigato con maggiore costanza in questo scenario avverso, con un calo di appena l’1,1%. Questi dati aggregati mascherano tuttavia la realtà dei mercati volatili, una caratteristica duratura degli emergenti e di quelli di frontiera.

La Turchia, per esempio, ha chiuso il trimestre in pole position, con una crescita dell’11,5%. Questo mercato è stato recentemente al centro dell’attenzione di tutto l’universo investito negli emergenti. Anche il Vietnam e la Romania stanno andando bene, con un aumento rispettivamente del 6% e del 4%. Dall’altra parte del globo, l’Argentina, che ora fa parte dell’indice dei mercati emergenti, ha chiuso il trimestre con un calo vicino al -50% e, nonostante il forte rimbalzo nella seconda metà del periodo, anche il Sudafrica e la Polonia hanno subito una battuta d’arresto perdendo circa il 12%. Molte valute di questi mercati sono risultate deboli nei confronti del dollaro, confermando la tendenza dei trimestri precedenti.

Commento a cura di Peter Elam Håkansson Chairman and Chief Investment Officer di East Capital

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