Recessione globale, Europa l’area più colpita: ripresa solo ne 2021

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Ripresa nel 2021 - Europa a picco

A seguito del più repentino calo mensile negli asset di rischio mai registrato, verificatosi a causa dell’epidemia di Covid-19 e dello shock dei prezzi del petrolio, lo scenario di base prevede una ripresa economica a “U” più dilatata nel tempo.

Una ripresa che arriverà solo nel 2021. Questa in estrema sintesi l’opione degli esperti di Western Asset (società affiliata di Legg Mason) nel commento rilasciato alla stampa.

Questo perché riteniamo che sebbene la crescita nel breve periodo sarà duramente colpita, si tratterà comunque di una fase transitoria, viste le politiche che si stanno mettendo in campo per risuscitare l’economia: dalle politiche monetarie espansive delle banche centrali alle grandi iniezioni di liquidità e gli imponenti stimoli fiscali già in corso.

Nel complesso, questi provvedimenti dovrebbero smorzare l’impatto negativo delle misure di distanziamento sociale sui sistemi economici di tutto il mondo e permettere ai mercati di funzionare in maniera più regolare.

Stati Uniti: lo slancio dell’economia si è interrotto

La rapida diffusione del coronavirus e delle misure economiche atte a rallentarlo hanno significativamente modificato il quadro economico rispetto a un mese fa. Le precedenti recessioni sono iniziate tutte nel settore manifatturiero o edile e da lì si sono allargate all’intero sistema economico. Al contrario, stavolta l’economia ha avvertito l’arrivo della pandemia soprattutto nei servizi legati al tempo libero, e questi rimarranno probabilmente i più colpiti. In seguito, l’effetto del virus sembra essersi diffuso anche nei settori industriali dell’economia e la domanda dei consumatori per beni di prezzo elevato si è comprensibilmente ridotta.

L’attuale debolezza economica proviene dal lato dell’offerta, poiché certi servizi semplicemente non sono più disponibili, così come molti prodotti. Tuttavia, con i licenziamenti causati dalla chiusura forzata di molte attività, c’è il serio rischio di un tracollo anche sul lato della domanda per un ampio range di prodotti – anche non a prezzo elevato – a causa delle importanti riduzioni del reddito della popolazione.

Date le misure che vanno ad interrompere l’offerta di beni e servizi, soprattutto nei settori non ciclici, la riduzione del Pil degli Stati Uniti potrebbe essere molto più grave di quella osservata durante le fasi finali della Grande Crisi Finanziaria (GFC). Le incognite riguardano l’entità del danno causato dalle chiusure forzate all’interno di tutta la nazione e quanto a lungo l’economia dovrà rimanere su questi bassi livelli di attività.

Considerando lo status di buona salute finanziaria di imprese e famiglie poco prima dello scoppio della crisi e l’ampiezza e la tempestività delle misure messe in atto da governo e banca centrale, riteniamo comunque che il rimbalzo economico potrebbe essere relativamente rapido. Inoltre, riteniamo che gli sforzi della banca centrale per intervenire direttamente nei mercati del credito – con sostegno finanziario da parte del governo – avrà successo nel prevenire un’ondata di bancarotte e nel far sopravvivere le imprese in modo tale che partecipino alla successiva ripresa.

Europa: ripresa (forse) nel 2021

Per il 2020, la pandemia di Covid-19 ci ha portato a rivedere del tutto il nostro outlook sulla crescita europea. Attualmente ci aspettiamo che la crescita dell’Eurozona subirà un calo tra il 6% e l’8%, ma la contrazione diverrà sempre più grave per ogni settimana in cui saranno mantenute le misure per contenere i contagi. Per molte nazioni europee, questa sarà la peggiore recessione del dopoguerra.

Nel 2021 dovremmo vedere una moderata ripresa, ma la sua entità e la sua distribuzione geografica saranno strettamente legate alle politiche di supporto di lungo periodo adottate a livello nazionale e sovranazionale, come il Recovery Fund, su cui l’Eurogruppo sta ancora discutendo. A livello nazionale, le contromisure fiscali sono state molto varie, da quasi nulle in alcuni paesi a molto ampie in altri, arrivando nel complesso al 20% del Pil tra famiglie, autonomi e aziende. Le misure supplementari decise dalla Germania, ad esempio, equivalgono al 4,5% del Pil del paese nel 2019, ma le garanzie incluse nel programma di sostegno rendono il programma di supporto molto più ampio.

Due elementi chiave di molti di questi piani riguardano il limitare la disoccupazione attraverso misure che evitino un’ondata di licenziamenti, e il permettere alle aziende di accedere al credito lì dove le condizioni di mercato non lo consentono. Ciò significa che il vero costo fiscale di questi programmi sarà chiaro solo tra molto tempo.

Per quanto riguarda la politica monetaria, la Banca Centrale Europea si è astenuta dal tagliare i tassi d’interesse, ma si è impegnata attraverso altre misure. Oltre a condizioni di rifinanziamento più favorevoli attraverso le TLTRO, la BCE ha aumentato per due volte il suo programma di acquisti di obbligazioni. Prima ha iniettato 120 miliardi di euro nell’attuale programma di acquisto di asset; in seguito ha introdotto il Programma d’Acquisto d’Emergenza per la Pandemia (PEPP), con lo scopo di garantire un’adeguata trasmissione della politica monetaria alla luce delle recenti dislocazioni del mercato. Le prime indicazioni dicono che gli acquisti nell’ambito di entrambi i programmi saranno concentrati nell’immediato.

Nel Regno Unito, gli sviluppi sono stati molto simili a quelli visti sul continente, inclusa la rapida caduta dell’economia. Sul fronte della politica monetaria, la Banca d’Inghilterra ha tagliato i tassi d’interesse per due volte, toccando la soglia minima mai registrata in 325 anni di 0,1% e riprendendo il suo programma di quantitative easing. Gli stimoli fiscali sono tra i più imponenti (in termini di percentuali di Pil) all’interno delle nazioni europee.

Asia: non ancora fuori dal tunnel

L’epicentro della crisi chiaramente non è più in Cina, dove si è sviluppato. Il dragone asiatico sta recuperando molto velocemente e i numeri in arrivo dimostreranno i risultati delle misure di contenimento estreme e del controllo centralizzato, così come l’inizio della prima fase di ripresa nelle economie dell’Asia settentrionale quali Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong. Da quando è scoppiata l’epidemia, il governo cinese ha applicato una serie di misure di supporto per un valore di 3 trilioni di yuan, circa il 2,9% del Pil del 2019.

Per quanto riguarda i mercati emergenti dell’Asia Meridionale (la seconda ondata di paesi colpiti dall’epidemia), le prospettive di breve periodo sono deboli, specialmente per la Malesia, la Thailandia, le Filippine e l’Indonesia, dove gli effetti di un lockdown prolungato sono molto seri sia per le famiglie che per le imprese; le prime a causa della riduzione del reddito e le seconde perché fortemente dipendenti dai consumi discrezionali. L’impatto di una pandemia duratura su turismo, consumi e produzione industriale – a causa delle interruzioni delle catene di approvvigionamento – avrà un grande peso sulla crescita e richiede misure di supporto da parte dei governi, con ogni strumento disponibile. Questi sono anche paesi dove il rischio di un’epidemia incontrollata è più alta per via delle infrastrutture mediche ancora arretrate.

L’eterogeneità delle economie asiatiche continuerà a mostrare la divergenza nella crescita tra i sistemi economici maggiormente dipendenti dai consumi cinesi e dalle catene di fornitura tecnologiche e quelle nazioni a trazione più domestica. Ciò che è certo è che le economie asiatiche dispongono di margini di manovra economica, stabilità e livelli di consenso popolare tali da poter fronteggiare le conseguenze di un clima economico instabile. Tenendo presente questo fattore, le nostre conclusioni su quest’area restano cautamente ottimiste.

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