T. Rowe Price: Il Regno Unito e l’Unione Europea hanno adottato un approccio decisamente diverso nel procurarsi e distribuire i vaccini contro il Covid-19.
Londra ha investito molto per assicurarsi un portafoglio di diverse tipologie di vaccini, contribuendo allo sviluppo di Oxford-AstraZeneca e preparando infrastrutture domestiche per gestire le vaccinazioni in tutto il Paese. Tale investimento ha dato i suoi frutti: al 15 febbraio 2021, il Regno Unito aveva fornito al 23% della popolazione almeno la prima dose, la migliore performance al mondo. Le ragioni del ritardo dell’UE rispetto al Regno Unito I Paesi europei hanno scelto un approccio differente. Per evitare nazionalismi all’interno del blocco, è stato deciso che la gestione delle forniture avvenisse a livello di Unione. Sfortunatamente, i ritardi nelle trattative hanno fatto sì che l’UE abbia ordinato il vaccino Pfizer/BioNTech solo dopo la pubblicazione dei primi risultati dei test a novembre, cosa che ha provocato ritardi nelle consegne. Inoltre, i problemi di produzione negli stabilimenti di AstraZeneca in Europa hanno costretto la società a ridurre drasticamente le forniture di vaccini all’UE nei primi mesi del 2021 afferma T. Rowe Price
In aggiunta, l’Unione Europea ha deciso di mantenere il periodo di tre settimane tra la prima e la seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna, piuttosto che estenderlo come ha fatto il Regno Unito: di conseguenza, meno persone hanno ricevuto la prima iniezione. In sintesi, si è creata una carenza di offerta: i quattro maggiori Paesi dell’Unione hanno vaccinato solo circa il 3,3% della popolazione. Le forniture dovrebbero comunque diventare meno problematiche a partire da aprile afferma T. Rowe Price. La mancanza di chiarezza frena i progressi nell’UE La disponibilità dei vaccini, tuttavia, è solo uno degli aspetti di una campagna vaccinale efficace. L’altro lato della medaglia è che le persone devono essere disposte a farsi vaccinare. Storicamente, l’adesione alle vaccinazioni nel Regno Unito è stata più alta rispetto ai Paesi europei, e alcuni recenti sondaggi suggeriscono che ciò valga anche nel caso del Covid-19. In altre parole, le autorità europee dovranno faticare di più per convincere la popolazione ad aderire alle vaccinazioni.
Una comunicazione chiara da parte di autorità sanitarie credibili può convincere un maggior numero di persone in questo senso. Tuttavia, in Europa vi sono stati messaggi contrastanti. Ad esempio, alcuni Paesi hanno approvato l’uso del vaccino Oxford‑AstraZeneca solo per gli under-65 per mancanza di dati, sebbene l’EMA lo avesse già validato per tutte le età. Il terzo fattore cruciale per il successo di una campagna vaccinale è la contagiosità del virus. Il nuovo ceppo ‘inglese’ è più contagioso di quello originale del 50-70% e sta diventando dominante in Europa. Ciò significa che sarà necessario vaccinare una percentuale maggiore della popolazione per contenere il virus, e i problemi sia nelle forniture che nelle adesioni nell’UE potrebbero rendere difficile vaccinare un numero di persone sufficiente a prevenire un’altra ondata di contagi il prossimo inverno.
Il Regno Unito si avvia a riaprire per l’estate Abbiamo svolto un’analisi interna per stimare la rapidità con cui i Paesi europei riusciranno a uscire dai regimi di lockdown, basandoci su quattro fattori: le forniture di vaccini nei prossimi mesi, l’adesione alle vaccinazioni da parte della popolazione, il tasso di contagiosità della variante Covid-19 più diffusa nel Paese e la rapidità di diffusione dell’immunità ‘naturale’ legata ai casi di infezione passati. Si tratta di relazioni non-lineari: una volta che un certo numero di persone ha ottenuto l’immunità, i contagi calano molto rapidamente – in altre parole, si ottiene la cosiddetta ‘immunità di gregge’. La nostra analisi mostra che nel Regno Unito, il livello di restrizioni necessario a prevenire ondate future dei contagi scenderà probabilmente a zero tra fine maggio e luglio. Viceversa, se la variante ‘inglese’ B.1.17 del virus, più contagiosa, diventerà il ceppo dominante in Francia (come appare probabile), a causa del progresso più lento nelle vaccinazioni – con l’80% della popolazione vaccinata entro il 2021 – la Francia potrebbe raggiungere il livello necessario ad allentare le restrizioni solo a settembre, nel caso in cui le forniture si rivelino al di sotto delle aspettative.
Lo stesso vale anche per la Germania. In Italia e Spagna, questa soglia potrebbe essere raggiunta tra luglio e agosto. Il vantaggio del Regno Unito fa correre la sterlina Nel complesso, la nostra analisi mostra quindi che il Regno Unito sarà probabilmente in grado di rimuovere tutte le restrizioni due o tre mesi prima rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’Eurozona afferma T. Rowe Price. Ciò dovrebbe consentire all’economia britannica di sovraperformare rispetto a quelle della maggior parte dei vicini europei a partire dal secondo trimestre 2021 in avanti. Il clima estivo più caldo poi permetterà probabilmente ad alcuni Paesi europei di riaprire a loro volta, ma a differenza del Regno Unito resta il rischio di nuove restrizioni in autunno se non vi sarà un’accelerazione della campagna di vaccinazioni.
Anche se il Covid-19 non sarà l’unica sfida economica per il Regno Unito a medio termine, è sicuramente la più importante nel breve e i mercati finanziari hanno già iniziato a prezzare una sterlina più forte rispetto all’euro. Crediamo che la sterlina possa continuare ad apprezzarsi sull’euro nel corso del secondo trimestre – a quel punto, il clima estivo dovrebbe supportare un forte rimbalzo dell’attività dell’Eurozona. Guardando ancora più avanti, esiste il rischio che le mutazioni del Coronavirus rendano necessarie delle vaccinazioni di richiamo annuali afferma T. Rowe Price. Il Regno Unito ha investito molto nelle catene di approvvigionamento domestiche e nelle infrastrutture per effettuare le vaccinazioni: ciò aiuterà probabilmente il Paese a far fronte alle mutazioni se necessario, mentre resta ancora da vedere se i Paesi europei riusciranno a eguagliare questi progressi
A cura di Tomasz Wieladek, International Economist, T. Rowe Price