L’economia mondiale tra nuove minacce di protezionismo e rialzi dei tassi Usa

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Sui bond, Pictet AM scommette sul graduale esaurimento del flattening della curva americana e sugli inflation linked. Neutral sull’azionario, le cui prospettive di utili risultano indebolite.

Il protezionismo torna a dominare la scena macroeconomica, mentre si fa strada la possibilità che i tassi reali Usa non andranno oltre lo 0,5% in un biennio. Due elementi destinati a influenzare il modo in cui dovranno essere strutturati i portafogli nelle prossime settimane.

Quanto al protezionismo, Pictet Asset Management aveva ipotizzato che Donald Trump usasse l’argomentazione come un espediente negoziale e che quindi non dovesse essere preso alla lettera: oggi lo scenario potrebbe essere mutato, anche se non è chiara la strategia che muove la rinnovata aggressività del presidente Usa; un proseguimento di questa politica di chiusura procurerebbe un danno tendenzialmente enorme. A febbraio 2016 l’Accordo di Shanghai aveva previsto che la Fed non alzasse i tassi troppo rapidamente se la Cina avesse evitato di svalutare aggressivamente.

Attualmente siamo a un punto critico: da un lato lo yuan cinese sta vivendo una fase di rapido deprezzamento, dall’altra in Usa persino Powell ha assunto un atteggiamento da “America First”, negligendo il contesto internazionale nei suoi commenti. Sul fronte macro questo contrasto è stato acuito da una serie di eventi:

• il Goldilocks (crescita elevata, inflazione moderata) di fine anno scorso ha lasciato il passo a uno scenario diverso: i leading indicators – una quarantina di indicatori economici elaborati dai nostri economisti – non lasciano adito a particolari dubbi interpretativi. Il momentum macro si è impoverito e questo fenomeno ha una dimensione piuttosto globale. Dunque anche dal punto di vista degli investimenti sostanzialmente dobbiamo rivedere le aspettative tenendo conto della debolezza osservata nei primi tre mesi del 2018;

• è ricomparsa l’inflazione com’è tipico nelle fasi finali del ciclo economico ed è stata accolta come una sorpresa in quanto assente nello scenario Goldilocks caratterizzato appunto da una crescita sopra il potenziale e da variazioni dei prezzi che non superavano il target delle banche centrali. Adesso siamo di fronte a un mix in cui entrambi i termini sono deteriorati: dunque la ripresa rischia di rallentare, mentre l’inflazione è tornata – Pictet AM la stima a un livello ancora leggermente più elevato rispetto al consenso;

• le Banche Centrali non possono più rimandare una normalizzazione della liquidità, sentiero su cui la Fed si è già incamminata dopo un 2017 anomalo per generosità, nella creazione di Base Monetaria. Il giro di boa è compiuto e gli analisti di Pictet AM temono che si sia intrapreso un sentiero così impegnativo per le condizioni finanziarie USA da potersi ipotizzare un ripensamento nella normalizzazione prevista dei tassi di interesse chiave (Fed funds) fissati da parte della FED.

E giungiamo al secondo punto: i tassi reali Usa. A inizio anno le previsioni sui tassi incorporata nei futures sui Fed funds era molto bassa e fissata al 2% dopo due anni (fine 2019): in quella situazione ritenevamo il mercato vulnerabile con una prospettiva di adeguamento verso la FED, cosa puntualmente avvenuta in gennaio. L’attuale spostamento delle previsioni FED verso l’alto, questa volta, non produrrà un allineamento del mercato: al contrario oggi è quest’ultimo che sembra poter esercitare maggior forza di attrazione e potrebbe indurre un cambiamento di rotta alle decisioni della Banca Centrale Usa.

A supporto di questa convinzione, dobbiamo anche considerare elementi aggiuntivi che riteniamo non siano ancora totalmente a fuoco. Il più rilevante è la composizione del nuovo Board della Fed, composto oggi da personalità con idee piuttosto forti su come si debba misurare il tenore della politica monetaria. In particolare John Williams, economista a Berkeley, sostiene che i tassi di interesse debbano essere guidati da un tasso naturale che, nel caso dell’economia USA, è calato strutturalmente dopo la grande recessione e non mostra di fatto di voler risalire nel prossimo futuro.

Secondo Williams, l’impatto delle manovre fiscali sul Natural rate non va oltre lo 0,25%. Se il professore diventasse un leader all’interno del FOMC, il punto di neutralità a cui si tendere non andrebbe oltre lo 0,5%, in termini di tassi reali, valore che si raggiungerebbe con due o tre rialzi e quindi nel giro di un anno. In Pictet AM ci attendiamo questo, insieme al dissolversi del paventato overshooting che, a queste condizioni, non è giustificato neppure dall’inflazione.

Sulla base di queste attese, Pictet AM ha già ricomprato la parte centrale della curva americana e intende, in caso Williams comunicasse posizioni ancora più estremiste, aumentare in portafoglio la quota di inflation-linked, che sarebbero i grandi beneficiari delle idee del professore. Per la BCE la situazione è completamente diversa: abbiamo appreso che giunge a conclusione il quantitative easing ma il mercato ha interpretato, probabilmente correttamente, le parole di Mario Draghi come la promessa che il rialzo dei tassi non sarà mai contemplato nella sua politica economica.

Su bond e azioni gli effetti sono i seguenti:

▪ Le scommesse più aggressive, dal punto di vista degli investimenti, sono sulla conclusione del flattening della curva americana se la Fed rinuncia all’overshooting dei fed funds (previsti dalla stessa Fed al 3,375% prima di ripiegare verso il punto d’arrivo di lungo termine al 2,875%) come atteso; mentre sulla parte intermedia della curva si potrebbe tentare di trarre profitto da uno spread contro l’Europa.

▪ Infine la normalizzazione delle politiche monetarie provoca un vento contrario alle valutazioni di tutti i risky asset: in particolare il price/earning che a inizio anno era quotato a 18 in America, è rientrato a fine febbraio a seguito della correzione del mercato indotta che ha accompagnato la crisi delle strategie venditrici di volatilità (VIX “squeeze”). I mercati emergenti (azionari e a reddito fisso) sono stati le vittime più vistose del 2018, penalizzati dal rialzo dei rendimenti americani, dal dollaro forte e, più recentemente, dall’escalation delle tensioni commerciali. Non è chiaro se il movimento correttivo dei mercati azionari sia del tutto esaurito.

Riteniamo comunque le attuali valutazioni accettabili e pertanto la scommessa sull’azionario dovrebbe basarsi sulle attese in merito agli utili che restano però vulnerabili alla minaccia della guerra commerciale. Sul fronte dei mercati emergenti, riteniamo che ulteriori correzioni dai livelli attuali possano rappresentare interessanti opportunità di acquisto. In portafoglio l’esposizione ai mercati emergenti è al momento limitata mentre sull’equity globale appena al di sotto della neutralità (27% contro un 30% tipico di esposizione azionaria) ma con protezioni che derivano dalla duration americana, dallo Yen giapponese sul fronte valutario e da una quota, per ora non ancora rilevante, di volatilità.

 

A cura di Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management

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